Chi non ha mai sognato di vivere, almeno per un momento, dentro un romanzo? Magari un bel romanzo? Impossibile ovviamente realizzare questa fantasia. A meno che non si abbia la pazienza (e i mezzi economici) per prendere un volo diretto a Mosca. Una volta raggiunta la capitale russa bisogna arrivare al civico 10 di Bolshaia Sadovaia dove da una ventina d'anni è aperto il Museo Bulgakov. Situato proprio dove il celebre scrittore russo ha vissuto con la terza moglie tra il 1921 e il 1924. Gli anni cruciali, insomma, della prima stesura del suo inimitabile capolavoro «Il maestro e Margherita».
Varcando le soglie di questo ampio appartamento (che negli anni Venti, però, lo scrittore e la moglie erano costretti a dividere con altre famiglie) si entra di fatto nel cuore stesso del romanzo. L'appartamento infatti corrisponde perfettamente a quello nel quale si installa Voland insieme con la sua improbabile squadra di diavoli illusionisti che turbano la serenità dell'ambiente intellettuale moscovita post-rivoluzionario.
Il visitatore sa bene che quelle stanze hanno fornito il primo modello del romanzo. I responsabili del museo, però, non si sono limitati a ripristinare gli ambienti come erano all'epoca del loro famoso inquilino. Da quest'anno si ha la possibilità di avere a che fare proprio con i personaggi del romanzo. Nel salotto è stato, infatti, installato un antiquato apparecchio telefonico, accanto al quale campeggia una curiosa rubrica. Al suo interno c'è l'elenco dei personaggi. Ognuno dei quali è seguito da un numero di telefono. Componendoli si possono avere belle sorprese. «Riaggancia il telefono, canaglia!» Può capitare di sentirsi redarguire dal grosso gatto nero Behemot. Se si prova a comporre il numero dello stesso Voland però si sentirà soltanto la voce della sua segretaria, la conturbante strega Hella, che dice: «è occupato e non può venire al telefono. Voland, però, l'aspetta in questa casa per il ballo di mezzanotte, ci saranno molti ospiti».
E se poi vi viene sete e chiamate un chiosco-bar agli Stagni del Patriarca - il parco con laghetto a due passi della casa di Bulgakov dove Voland appare per la prima volta - vi sentirete rispondere: «Non c'è birra, l'acqua minerale non l'hanno portata, c'è solo succo di albicocca, ma non è fresco». Le voci registrate ricalcano le battute del capolavoro di Bulgakov, che il drammaturgo e romanziere completò negli anni cupi dello stalinismo, fra il 1928 e il 1940. Una prima versione, purgata delle parti più ferocemente satiriche, fu pubblicata solo nel 1966, 26 anni dopo la sua morte, mentre l'edizione integrale uscì nel 1973.
Le telefonate ai personaggi de «Il maestro e Margherita» sono solo l'ultima chicca ideata dai responsabili della Casa-Museo di Bulgakov, finanziata dal Comune di Mosca. Un teatrino ospita regolarmente spettacoli e letture di poesie, mentre d'estate si può fare un tour, su un piccolo autobus rosso, nei luoghi in cui è ambientato il mitico romanzo.
Nel grande palazzo d'epoca sul cosiddetto Anello dei Giardini dove abitò Bulgakov sono stati tanti gli inquilini illustri. Da Isadora Duncan a Sergej Esenin, per non dire della nutrita tribù di imagisti e futuristi che hanno fatto di questo isolato una sorta di mecca della vita bohemiène moscovita negli anni a cavallo della rivoluzione russa.
Tanto è radicato il romanzo di Bulgakov nella vita dei suoi concittadini che la casa, prima di divenire un museo, è stata meta di pellegrinaggio di writers ante litteram e di satanisti che avevano riempito l'androne e le pareti lungo le quali correvano le scale di scritte e disegni inneggianti al Maligno e ad altri personaggi del libro di Bulgakov.
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