Caso Abu Omar, bufera sul giudice che ha frenato la caccia alla talpa

È scontro tra Milano e Brescia. Il pm Spataro accusa: «L’archiviazione lascia troppi sospetti ingiustificati»

da Milano

Uno stop che fa discutere. E fa esplodere lo scontro fra i magistrati milanesi e quelli bresciani. È quello imposto dal gip di Brescia alla Procura che stava cercando di dare un nome alle talpe piazzate negli uffici giudiziari ambrosiani. L’indagine, nata da una costola del procedimento milanese condotto da Ferdinando Pomarici e Armando Spataro sul rapimento dell’imam Abu Omar, era arrivata ad una svolta: con una serie di perquisizioni fortunate nella redazione di Repubblica, i Pm bresciani avevano messo le mani su almeno un documento ritenuto riservato, formato sul computer del Procuratore aggiunto Armando Spataro, partito via mail dagli uffici della Procura di Milano e finito in pagina dopo essere transitato per i computer della Digos. E i magistrati avevano cominciato ad analizzare centinaia di pagine relative al caso Abu Omar, in parte coperte dal segreto, ma arrivate sulle scrivanie dei cronisti del quotidiano romano. Al termine dei sei mesi canonici, il Pm aveva chiesto, com’è consuetudine, la proroga sottolineando la complessità degli accertamenti in corso, ma il giudice l’ha negata. Il fascicolo è finito su un binario morto e ora i magistrati bresciani hanno proposto l’archiviazione dell’incartamento che cercava di dare un nome agli autori delle violazioni non di uno ma di due segreti: quello investigativo e quello, ancor più delicato, di Stato. Armando Spataro, il cui nome compare in testa alla richiesta di archiviazione, non ci sta: «Essa lascia spazio a sospetti privi di qualsiasi giustificazione e logica».
Da Trieste, invece, l’avvocato Cosimo D’Alessandro, difensore del capocentro del Sismi Lorenzo Pillinini, si meraviglia della fretta del gip di Brescia: «Non capisco lo stop. Pillinini era stato interrogato sul sequestro Abu Omar e il suo verbale era stato segretato. Invece, dopo pochissimi giorni quel testo è finito pari pari su Repubblica. Come se non bastasse, un altro quotidiano ha pubblicato addirittura l’indirizzo di casa di Pillinini. Abbiamo presentato un esposto che ha dato impulso al fascicolo di Brescia, abbiamo assistito con interesse al lavoro di scavo della Procura, poi devo dire che siamo rimasti stupiti dalla decisione, francamente incomprensibile, del gip che ha fermato le indagini. Per carità, il provvedimento è più che legittimo, ci mancherebbe, però di solito la proroga, anzi le proroghe, vengono concesse senza problemi per inchieste anche molto meno importanti. Qua no, anche se si cercava di dare un nome a chi aveva violato il segreto di Stato e così ci troviamo davanti a due pronunce di fatto contraddittorie: quella del giudice che ha detto no, quella dei Pm che nella richiesta di archiviazione ora scrivono che c’erano tutti gli elementi per andare avanti». Conclusione? «Io spero - aggiunge D’Alessandro - che ora il giudice non archivi».
Spataro ha letto sul Giornale di ieri il documento firmato dal Procuratore di Brescia Giancarlo Tarquini e ora passa al contrattacco, contro Brescia: «La richiesta di archiviazione del Pm di Brescia non può essere soddisfacente per la Procura di Milano. Essa lascia inopinatamente spazio a sospetti privi di qualsiasi giustificazione e logica e si fonda su tesi giuridiche opinabili. Ma non intendo scendere in dettagli visto il rispetto dovuto alla futura decisione del gip di Brescia. Piuttosto non posso non rilevare che nella richiesta non si fa cenno alcuno alle dichiarazioni rese da una giornalista al Pm di Brescia secondo cui ella ha ricevuto le copie delle carte processuali da un avvocato girandole alla sua collega poi perquisita. Mi chiedo quali siano le ragioni di una tale omissione.

Ci sarà modo - spero - di apprenderle in seguito. Da ultimo - è la chiusa polemica del Procuratore aggiunto - ringrazio Il Giornale per avermi fatto pervenire copia della richiesta a me non notificata: non vorrei però che ciò determinasse un’altra indagine».

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