Il "Caso Jekyll" tra il bene e il male, un viaggio nel lato oscuro della mente

Rubini ricolloca il romanzo gotico nei temi del Novecento

Il "Caso Jekyll" tra il bene e il male, un viaggio nel lato oscuro della mente
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Il bene e il male. Il rispettabile e il reietto. La luce e l'ombra che alberga in ciascuno. È il lato oscuro della mente il vero, grande protagonista de «Il caso Jekyll», l'adattamento del celebre racconto gotico di Robert Louis Stevenson portato a teatro da Sergio Rubini e ora in scena al «Carcano» di Milano fino al 17 novembre.

Il regista sfronda l'opera dalla «stranezza» di pozioni ed esperimenti e la colloca nel pieno dei temi novecenteschi, enfatizzando e sviluppando la capacità del drammaturgo scozzese - morto sul finire dell'Ottocento - di precorrere i temi psicanalitici e freudiani che attraverseranno tutto il ventesimo secolo.

Rubini ha ricordato di aver visto «il belluino mr. Hyde» nello sceneggiato televisivo in quattro puntate del 1969, scritto, diretto e interpretato da Giorgio Albertazzi. E ricorda i suoi «raccapriccianti occhi bianchi».

La sua messa in scena della proverbiale storia della doppia personalità, offre invece lo spettacolo di un thriller ambientato fedelmente nella Londra noir, fumosa e classista dell'epoca, ma con risvolti molto moderni, tanto da virare decisamente sul viaggio dentro la mente umana, tenendosi alla larga da ogni mostruosità: «Siamo andati da un'altra parte verso la psicanalisi e l'esplorazione delle zone oscure dell'animo umano» ha spiegato Rubini, regista, coautore con Carla Cavalluzzi dell'adattamento e interprete nel ruolo del narratore e dell'anziano scienziato amico del dottore. «Abbiamo spostato in avanti di oltre vent'anni la vicenda, più vicina ai primi approdi scientifici di Freud e poi di Jung e la creatura mostruosa non è il doppio che scaturisce da una pozione, classico escamotage della novellistica ottocentesca, ma è l'ombra nera che alberga dentro di noi, quel lato oscuro con cui, come diceva Jung, ogni uomo deve fare i conti, una porta pericolosa dentro il nostro animo, che tuttavia, talvolta, bisogna aprire».

La produzione è del teatro Bellini di Napoli, l'allestimento visto anche a Milano è una macchina che gira alla perfezione fra interni ed esterni grazie anche alle trovate della porta, del cortile e delle pareti velate. Gli attori si destreggiano con grande efficacia tra più personaggi. Lo straripante Daniele Russo dà volto e corpo ai due protagonisti: il bravo, ricco e rispettato luminare e il depravato, disgustoso Hyde, talmente disperato da apparire alla fine più sincero della sua ipocrita versione «perbene». Geno Diana è il co-protagonista, l'avvocato Gabriel John Utterson che indaga sulla vicenda oscura. Roberto Salemi, Angelo Zampieri, Alessia Santalucia sono gli altri interpreti che tratteggiano un ambiente vittoriano moralista e individuato come complice di quella repressione degli istinti che porta poi all'esplosione della malvagità violenta.

Funzionano benissimo le scene di Gregorio Botta, la regia è puntuale, per qualcuno didascalica con luci e rumori, ma sottolinea bene e per

tutti, i momenti cruciali della «crime story», fino alla sorpresa finale, con la suspense che regge per due ore. Lo spettacolo, dopo Milano, andrà ad Ancona per poi tornare al «Fraschini» di Pavia dal 29 al primo dicembre.

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