Il caso Unabomber Zornitta trova lavoro grazie alla figlioletta

La bimba di 11 anni aveva smesso di andare a lezione, oppressa dalle accuse al papà Le compagne dispiaciute ne hanno parlato a casa. Ed è scattata la rete di solidarietà

Il caso Unabomber Zornitta trova lavoro grazie alla figlioletta

I disastri dei grandi li risolvono i bambini, i ragazzi. Come nelle favole ci pensano loro ad assicurare il lieto fine. Anche alla storia di Elvo Zornitta, l’ingegnere di Azzano Decimo della provincia di Pordenone, trasformato in Unabomber da una prova tagliata a misura per incastrarlo. Aveva perso il lavoro e la fiducia negli altri. Oggi in una silenziosa, invisibile catena di solidarietà, che riempie il cuore, ritroverà entrambi. Grazie a sua figlia di nemmeno 11 anni che frequenta la scuola pomeridiana di musica della banda comunale del paese. Quest’estate, quando il mondo cadeva addosso al padre tra foto in prima pagina, accuse dilanianti e indici puntati, la piccola per alcune settimane preferisce non frequentare le lezioni. L’assenza viene vissuta con dispiacere dalle compagne, dagli altri piccoli -, in cento frequentano l’istituto -, e in un involontario gioco di passaparola vengono coinvolti i grandi. Caso e fortuna vogliono che tra i prof della piccola ci sia una ragazza dalle idee chiare, Claudia Zanchetta, 24 anni, insegnante di teoria e solfeggio della bambina. Le due coltivano la stessa passione, il clarinetto. Che le unisce. Claudia nota l’assenza e si confronta in casa con suo padre Giacinto. Che oltre a essere presidente della banda è anche rappresentante in zona di un’azienda di mobili, l’Eureka dell’imprenditore trevigiano Giuseppe Covre.
Né Claudia né Giacinto Zanchetta credono solo per un istante che Zornitta possa essere Unabomber. «Conosco la bambina - racconta Giacinto - la famiglia, abbiamo amici in comune. È un errore clamoroso, una porcata. E poi è inaccettabile che siano usciti sui giornali pezzi di verbali e perizie ancor prima del processo. Ma è un Paese civile il nostro? Dov’è il segreto istruttorio?».
Quando ieri l’altro, il 13 gennaio, il presunto mostro Zornitta perde il lavoro che aveva a Fiume Veneto, licenziato dalla Csr Italia, la situazione precipita. E i Zanchetta la leggono come un’altra ingiustizia. Giacinto ne riparla con l’imprenditore Covre dell’Eureka. Che oggi, dieci giorni dopo, prende una decisione coraggiosa. Del tipo a cui sfortunatamente non siamo più abituati. Assumere Zornitta. «Ci erano rimasti male - racconta Covre, un passato da parlamentare della Lega ed ex sindaco di Oderzo - perché la bambina non si presentava alle lezioni di clarinetto. Un dramma nel dramma. Chiedevo a Zanchetta e lui giurava: «Guarda che quell’ingegnere non c’entra niente». Poi per caso incrocio il difensore Maurizio Paniz in aeroporto e mi sussurra: «Su Zornitta, aspetta e vedrai». Abbiamo visto tutti. L’hanno massacrato con una prova falsa. Allora perché non aiutarlo, perché non riparare?». Scusi, ma lei che colpe ha se alterano un reperto contro uno che nemmeno conosce? «Il poeta John Donne non diceva che ”Nessun uomo è un’isola“? - risponde Covre -. Siamo tutti penisole, facciamo parte dello stesso corpo sociale». E quindi? «Quindi in azienda debbo ingrandire l’ufficio tecnico, portarlo da 4 a 6 persone, Zornitta è ingegnere, se sa disegnare al computer lo assumo anche domattina. Altrimenti gli offro un altro impiego, magari responsabile produzione. Si fa un periodo di prova che serve ad entrambi poi se il “fidanzamento” funziona, si convola a nozze. Perché, oltre alla lira ci deve essere soprattutto la soddisfazione della mansione. Anzi gliela dico tutta». Sì. «Ma è mai possibile che nessun imprenditore in Friuli voglia aiutarlo? Questo è lo scandalo vero».
E Zornitta che dice? Quasi sviene. Risponde al telefono a mezza voce. Come sempre. Gli sveli questa storia di solidarietà e speranza. Non ci crede. Parla a fatica, tace. «Grazie». Può chiamarlo ingegnere, prenda il numero di Covre che domani torna a lavorare. «Grazie». Guardi che tutto è nato alla scuola di musica, alle lezioni di solfeggio della piccola. «Grazie nemmeno li conosco». Piange e soffoca le emozioni, le lacrime, come l’odio per Unabomber e per quel bastardo, chiunque sia, che ha manipolato il lamierino, scippandogli la vita. «Certo che ci vado. Al volo». Ingegnere sono 50 chilometri di distanza, avanti indietro ogni giorno ne avrà voglia? «Ma sta scherzando? Io sono senza lavoro. Eppoi con la mia Corolla ne ho percorsi 20 mila in un paio di mesi andando su e giù per l’Italia!». E come mai? «La disperazione. Cercavo gli esperti giusti in grado di smontare quella falsa accusa del lamierino. Non li trovavo. Si figuri cosa sono oggi cento chilometri al giorno. Però non so disegnare al computer. Prima in ufficio coordinavo i disegnatori». Crove dice che va bene lo stesso. «Grazie».

L’appuntamento è quindi in piazza ad Azzano il 29 giugno, quando la banda sfilerà per la festa del patrono, Santi Pietro e Paolo. Con in testa, ovviamente loro sorridenti i ragazzi, i bambini della banda musicale.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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