Come dare torto a Andrée Ruth Shammah, la direttrice del Teatro Parenti, quando osserva che il teatro è il luogo dove le contraddizioni trovano una sintesi. Mercoledì, calato il sipario su Boris Godunov, l'opera di Modest Musorgskij che ha inaugurato la stagione della Scala, è andata in scena la cena delle cene del dopo Prima, alla Società del Giardino, per 480 ospiti. Al tavolo imperiale sedevano le cariche istituzionali (salvo il tris di presidenti: d'Italia, del Consiglio e della Commissione europea), tra cui il sindaco di Milano Giuseppe Sala che della Fondazione Scala è pure presidente. Fu lui all'indomani dell'invasione russa in Ucraina a chiedere a Valery Gergiev, direttore d'orchestra vicino al Cremlino e in quei giorni sul podio della Scala, di prendere una posizione. Cosa che non fece, di qui la cacciata dalla Scala e a cascata da tutti i teatri e sale d Europa. La Scala, col tramite del suo Presidente, si ritrovò a dettare una linea. E arriviamo all'osservazione di Shammah. Alla cena, al tavolo confinante con l'ovale imperiale, sedeva Valery Gergiev jr, terzo dei quattro figli di Valery il Grande, tra l'altro due gocce d'acqua. Il ragazzo, che studia a New York, era al tavolo dell'associazione Milano per la Scala, alla destra di Veronica Atkins generosa mecenate degli Uffizi, per la prima volta di un'opera scaligera e da sempre del Mariinskij di San Pietroburgo. A riprova che quanti amano la cultura non la sanzionano, non chiedono patenti morali ai musicisti consentendo loro di esercitare il proprio mestiere.
La Prima del 2022 entrerà nella storia non solo per la prova superlativa del protagonista, Ildar AbdraZakov, il cantante della Baschiria che ogni volta compie il miracolo di metter d'accordo critica e pubblico. Ma perché la Scala - dal sovrintendente in giù - ha scelto di non cancellare nulla e ha creato le condizioni perché il cast pressoché russo potesse operare nelle migliori condizioni possibili: perché essere artista russo oggi è assai difficile, chiede nervi d'acciaio. E quando AbdraZakov dopo i 13 minuti di applausi a caldo, con gli occhi che brillano ci confessa che prova un senso di liberazione, comprendiamo il valore speciale che lo scroscio d'applausi ha in quel momento. Una catarsi che ha il sigillo di una telefonata, quella di Valery Gergiev che ha seguito il Boris da remoto e si complimenta per il collega per il riuscito - dal podio alla regia - Boris italiano.
La Prima scaligera, che ha totalizzato un incasso di 2,5 milioni di euro, è l'evento di opera più potente del mondo, seguito in Italia da 1,5 milioni di telespettatori grazie alla diretta della Rai (oltre il 9% di share) e in differita in mondovisione. Il messaggio che ha lanciato è forte e va oltre la corona delle Alpi, tutt'uno con il segnale di AbdraZakov: «Noi cantanti e musicisti parliamo con la lingua della musica e della cultura. Vogliamo rimanere cosi, musicisti, artisti, non vogliamo dire altro. Noi facciamo il nostro mestiere.
So che fuori dal teatro ci sono state polemiche, ma sono rimaste fuori per fortuna. Qui per settimane abbiamo solo lavorato, abbiamo fatto tante prove. Ringrazio il direttore Chailly e il sovrintendere Meyer per avermi invitato consentendomi di nuovo di arrivare in cima all'Everest».
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