Castel Gandolfo, da secoli la preferita dai pontefici

Benedetto XVI rispetterà anche quest’anno la tradizione che ogni 15 agosto consente alla popolazione di Castelgandolfo un incontro davvero ravvicinato con il Successore di San Pietro. Di buon mattino il Pontefice tedesco uscirà a piedi dal Palazzo Apostolico per attraversare la piazza gremita e raggiungere la parrocchia di San Tommaso di Villanova tra due ali di folla. Ma da quando Castel Gandolfo è sede della villeggiatura estiva dei Papi? La scelta risale al tempo del cardinale Maffeo Barberini, che ancor prima della sua elezione al soglio pontificio con il nome di Urbano VIII (1623-1644) ne aveva esaltato le bellezze naturali nei «Proemata», facendo tesoro dei consigli dei medici che consideravano Castel Gandolfo il più salubre dei Castelli romani. La presenza dei papi nella cittadina comportò un susseguirsi continuo di miglioramenti urbanistici e diede vita a una cronaca ricca di notizie, coniugate alle vicende politiche in cui fu coinvolto lo stato pontificio. Espressione della più genuina fede popolare fu lo spontaneo cerimoniale ogni volta organizzato dai castellani per accogliere degnamente i papi in campagna.
Il papa sul brigantino.
A Urbano VIII spetta il merito di aver trasformato il palazzo baronale, nucleo centrale della villa pontificia, con l’opera di Carlo Maderno. Alessandro VII (1655-1667), che fece costruire dal Bernini la chiesa di San Tommaso da Villanova, fu talmente attratto dalla suggestione del lago Albano che si dilettò ad attraversarlo a bordo di un grande brigantino trasportato da Roma e messo poi in secco nel ninfeo che prese appunto il nome di Bergantino. Il ninfeo, utilizzato per bagni e come luogo di svago, poteva essere anche allagato. Il pontefice amò talmente il lago da organizzarvi feste e naumachie a cui si compiaceva di assistere dal palazzo pontificio. Del resto alcuni ninfei lungo i bordi del lago Albano furono utilizzati fin dall’antichità come centri di svago e di culto; così il ninfeo dorico, di età cesariana, la cui denominazione deriva dallo stile dell’architrave di ingresso, sostenuto da mensole, con le volte ornate da tufi, pomici, tartari, stalattiti per farlo sembrare il più possibile una grotta naturale.
Residenza estiva.
Ma è solo nel XVIII secolo che Castel Gandolfo assurge al ruolo che tuttora detiene. Con un solenne rescritto Clemente XI (1700-1721) nominò infatti la villa pontificia residenza estiva dei papi, concedendo agli abitanti di Castel Gandolfo privilegi giuridici e amministrativi, poi confermati fino al 1832. A Clemente XIII (1758-1769) si deve l’ampliamento della porta romana del castello, come ricorda una lapide.
C’è posta per il Papa.
Durante il pontificato di Pio VII (1800-1823) per la prima volta nella storia del servizio postale venne introdotto l’utilizzo della cassetta per imbucare la corrispondenza. L’ascesa al soglio pontificio di Gregorio XVI (1831-1846) significò per Castel Gandolfo l’inizio di tutta una serie di opere di pubblica utilità. I soggiorni del suo successore Pio IX (1846-1878) assunsero un significato particolare, perché inseriti nella fase conclusiva di quel processo storico inarrestabile che vide - tra l’ansia e lo smarrimento di quanti furono vicini al pontefice - Roma «espugnata» dai bersaglieri nel 1870 e trasformata in capitale d’Italia: rappresentarono alcuni aspetti della vita e del costume di un mondo prossimo a sparire.
Corteo ridotto.
Certo, Castel Gandolfo, considerata la capitale estiva dello stato pontificio, al tempo di Pio IX non accoglieva più il fastoso corteo che accompagnava il papa in campagna: era notevolmente ridotto nel numero e privo di quel cerimoniale che aveva caratterizzato lo splendido seguito di Urbano VIII e di altri pontefici. Durante il tragitto non si faceva più la tradizionale sosta a tor di Mezza Via presso i Marescotti e alle Frattocchie dai Colonna nella villa della Sirena. Le mastodontiche carrozze, stracariche di ornamenti, erano state sostituite da veicoli disadorni, ma più veloci. Per quasi due secoli e mezzo, nonostante lunghe interruzioni, le presenza dei pontefici a Castel Gandolfo aveva costituito un notevole richiamo, un invito a seguirne l’esempio, raccolto fin dal XVIII secolo da alcune famiglie nobili di Roma, da alti prelati e cardinali come Alessandro Albani, che volle un casino sotto il giardino del Palazzo Pontificio.
Luogo di villeggiatura ricercato.
Stenteremmo a crederlo, se le cronache dell’epoca non ce lo confermassero, che ai primi dell’Ottocento Castel Gandolfo era divenuto il luogo di villeggiatura più ricercato e alla moda dello stato pontificio. D’estate, ma soprattutto in autunno, si riempiva di una varia folla di villeggianti.

E la prerogativa di essere un centro di soggiorno tranquillo lo mantenne per lungo tempo, anche dopo l’Unità d’Italia, quando al papa fu confermata la proprietà della villa e delle tenute annesse che, però, Pio IX si rifiutò di abitare. La consuetudine delle villeggiature papali a Castel Gandolfo fu rinnovata il primo agosto del 1934 da Pio XI (1922-39).

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