«Caro Centro Sperimentale di Cinematografia, cari tutti. Lascio la presidenza della Fondazione. È una decisione che meditavo da tempo. Non sono gli attacchi ad avermi spinto a lasciare, mi hanno ferito ma mai impaurito. Semplicemente voglio tornare a fare il mio vero mestiere, che ho trascurato per più di un anno». Così ha scritto ieri agli studenti e ai dipendenti Sergio Castellitto, il regista e attore nominato, poco più di un anno fa dal precedente ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, alla guida di una delle più antiche scuole di cinema del mondo. Il ministro attuale, Alessandro Giuli, non ha potuto fare altro che accogliere «con rammarico le dimissioni di Sergio Castellitto dalla Presidenza della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, esprimendo gratitudine e stima al presidente uscente. L'attività del Csc proseguirà in continuità col lavoro intrapreso dal Consiglio di amministrazione già presieduto da Sergio Castellitto».
Ed è iniziata immediatamente la ridda delle voci sui nomi in lizza per la carica vacante. Uno dei primi profili sentiti pare sia stato quello di Marcello Veneziani che s'è detto non interessato. S'è fatto anche il nome di Francesco Rutelli che ha appena terminato il suo mandato di presidente all'Anica, ma le quotazioni sembrano privilegiare un altro grande attore e regista, Michele Placido, nei cinema con la sua ultima fatica su Pirandello, Eterno visionario.
Ma che cosa ha portato alle dimissioni di Sergio Castellitto che, a 71 anni e a titolo gratuito, aveva accettato questo incarico su idea di Pupi Avati membro del consiglio di amministrazione del Csc (gli altri sono Mauro Carlo Campiotti, Giancarlo Giannini, Cristiana Massaro, Andrea Minuz, Santino Vincenzo Mannino)? La lettera di Castellitto termina così: «Il Centro Sperimentale è un luogo dove si studia, si promuove e si protegge l'arte cinematografica. Non consentite mai che diventi territorio di conquista per altri scopi. Vi voglio bene». Nominato il 24 ottobre sello scorso anno, il presidente è stato oggetto di cinque interrogazioni parlamentari da parte di esponenti dell'opposizione dopo che, l'8 giugno scorso, sono andate a fuoco decine di pellicole in nitrato (di loro natura a forte rischio di autocombustione) nel cellario B4 della Cineteca Nazionale e che, nello stesso periodo, non sono state immaginate procedure di stabilizzazione per i 17 lavoratori che avevano un contratto a termine nel settore della digitalizzazione dell'archivio. Al loro destino si era interessato il dirigente del Csc, Stefano Iachetti, che, per questioni formali, è stato licenziato e che ha subito presentato ricorso. Anche sul grande evento, fortemente voluto da Castellitto, che ha avuto un notevole successo di pubblico, la «Diaspora degli artisti in guerra», c'è chi ha avuto da ridire perché sua moglie, Margaret Mazzantini che, per inciso, di professione è un'affermata scrittrice, è stata invitata a parlare con David Grossman ricevendo lo stesso gettone di 4mila euro del collega israeliano. Si sono poi aggiunte le polemiche sull'incarico per le relazioni istituzionali dato al suo produttore teatrale Angelo Tumminelli, all'assunzione di un autista e alle spese sostenute alla Mostra del cinema di Venezia.
Insomma il classico polverone che Castellitto ha cercato di diradare rispondendo nei mesi scorsi punto per punto ma, la goccia che probabilmente deve aver fatto traboccare il vaso, sono stati gli ispettori che il Ministero gli ha mandato la scorsa settimana.
Sarà pure stata, come sembra, una procedura automatica ma, dopo sette ore di audizione e sostanzialmente la sensazione che il suo lavoro, dopo le interrogazioni della sinistra, non sia stato apprezzato nemmeno a destra, ecco la decisione di Castellitto «di tornare a fare il suo vero mestiere». E infatti lo vedremo presto nei cinema, dal 19 dicembre, interpretare uno strepitoso cardinale nel film Conclave di Edward Berger.
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