Il Cav ha un nuovo piano per rivoluzionare il fisco

Il premier studia da giorni una serie di ipotesi per la riforma tributaria Lo sfogo sul caso Mondadori: vogliono farmi pagare 2.500 miliardi di lire

Il Cav ha un nuovo piano  
per rivoluzionare il fisco

Roma L’idea gli ronza in testa da diversi mesi, anche perché il gioco del cerino con Tremonti non è certo una novità delle ultime settimane o la conseguenza del flop elettorale di amministrative e referendum. Ed è per questo che in tempi non sospetti - quando la richiesta al ministro dell’Economia di mettere mano sistema fiscale rimbalzava quasi quotidianamente sugli inviti al rigore e sui vincoli imposti dall’Unione Europea - Berlusconi aveva già immaginato di mettere in campo tutte le strategie e per arrivare a una ridefinizione della pressione fiscale.

Oggi sul tavolo del presidente del Consiglio ci sono diverse ipotesi: studi, strategie, tabelle, dossier sullo stato dei conti pubblici italiani e sui capitoli sui quali intervenire. L’analisi approfondita di tutto questo materiale da una parte sosterrebbe la fattibilità della riforma tributaria e dall’altra ridimensionerebbe l’allarmismo di Tremonti. Conti alla mano, infatti, per il pareggio di bilancio nel 2014 servirebbero circa 20 miliardi di euro invece dei 40 di cui parla da tempo il titolare di Via XX Settembre. La revisione delle imposte, invece, si concentrerebbe su tagli fiscali per famiglie e redditi più bassi, andando a drenare risorse dall’evasione ma anche con tagli selettivi.

Insomma, una sorta di ipotesi di riforma del fisco «parallela» e complementare a quella messa nero su bianco da Tremonti nell’ultima settimana. Che dovrà fare i conti con i desiderata leghisti, certo, ma che comunque non è stata buttata giù - come tutti i provvedimenti di spesa di questa legislatura - a Via XX Settembre. Perché non è un mistero che Berlusconi non abbia mai gradito la troppa autonomia di Tremonti, al punto da lamentare in più occasioni il fatto che Palazzo Chigi «viene regolarmente bypassato». Tanto che, ancora la scorsa settimana, il premier ha buttato lì l’idea di una cabina di regia sull’economia.

Come andrà a finire lo vedremo presto. Probabilmente già la prossima settimana, scavallato l’appuntamento di domenica a Pontida. Ieri Berlusconi e Bossi hanno viaggiato da Milano a Roma sullo stesso aereo e pare si siano ritrovati sulla stessa linea: avanti con la riforma del fisco. E se a parole e nelle dichiarazioni pubbliche la sintonia con Tremonti «è totale», in verità la sensazione è che l’obiettivo dei due sia proprio quello di mettere all’angolo il ministro dell’Economia perché «a seguire la sua strada andiamo tutti a sbattere». Insomma, avrebbe ragionato il Cavaliere con Bossi, è inutile che domenica a Pontida ve la prendiate con me perché è qualcun altro che da due anni stoppa ogni iniziativa di rilancio dell’economia.

Un Cavaliere che, pratica fisco a parte, continua comunque a sentirsi sotto assedio. In primo luogo dal punto di vista finanziario. A luglio, infatti, dovrebbe arrivare la sentenza sul Lodo Mondadori con la richiesta di 750 milioni di euro. E ci sono anche altri 450 milioni chiesti dall’Agenzia dell’Entrate proprio per Mondadori, soldi da dover versare alla luce di un valore aziendale - avrebbe sottolineato il Cavaliere incontrando alcuni vecchi amici ai funerali di Comincioli - che non supera i 280 milioni di euro. Da qui la cifra di 2.

500 miliardi di vecchie lire di cui ha parlato Berlusconi con i suoi ex compagni di scuola. Una somma, ha aggiunto nel pomeriggio durante uno degli incontri a Palazzo Grazioli, che «mi costringerà a vendere parte del mio patrimonio immobiliare». Chissà, forse a partire da Villa Certosa.

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