Eleonora Barbieri
Cenerentola nasce fra le montagne del Sud della Cina, dodici secoli fa: Ye Xian, abilissima con l'oro, vive in una grotta e ha i piedi più piccoli e graziosi del regno, segno inconfutabile di nobiltà nella società orientale del IX secolo dopo Cristo. Otterrà l'onore e la fortuna che merita, grazie alle ossa magiche di un pesce.
La tradizione attraversa gli oceani in qualche centinaio d'anni. «La gatta Cenerentola» appare per la prima volta nel Cunto de li cunti di Giambattista Basile, la raccolta (pubblicata postuma nel 1634) del letterato napoletano, che ispira anche la nascita di «Cendrillon, ou la petite pantoufle», ovvero la più celebre versione del padre francese delle fiabe, Charles Perrault. È il 1697. Nell'Ottocento Cenerentola passa per le mani dei fratelli Grimm e per quelle di Gioacchino Rossini: il libretto di Jacopo Ferretti è quasi una sfida, per la ventesima opera del maestro, rappresentata per la prima volta a Roma nel gennaio del 1817. Sottotitolo: «La bontà in trionfo».
Il successo di Cenerentola si misura innanzitutto sulla diffusione della fiaba: è un mito reinventato ogni volta, declinato secondo la cultura e le esperienze delle singole popolazioni, egiziana, persiana, brasiliana, fino ad arrivare a 350 versioni della storia. Una delle più radicate è quella russa, trasformata in balletto con le musiche di Sergei Prokofiev e destinata a diventare uno dei classici del Bolschoi.
La fiaba più amata dai bambini, la più imitata dagli adulti: perché il racconto di un'esistenza dura e difficile, premiata da successo e felicità è un sogno comune, racchiuso nel nome di questa bellissima orfana, bistrattata dalla perfida matrigna, invidiata dalle bruttissime sorellastre, adorata dal principe che le riserva ben altro destino di quello di badare al focolare domestico, complice una scarpina che, a seconda delle versioni, è in oro o in cristallo. «È la storia di una ragazza perseguitata ed emarginata, una paura comune fra i bambini: la percezione di essere lasciati in un angolo, messi da parte o, addirittura, in alcuni casi maltrattati», racconta Cristina Castelli, docente di Psicologia dello sviluppo all'Università Cattolica di Milano e coordinatrice del recente progetto «Cenerentola tra noi». Così la ragazza sporca di cenere diventa un'eroina, perché riesce a ribaltare la sua posizione di debolezza, trasformandosi in una principessa e sconfiggendo le due sorellastre: «La gelosia nei confronti dei fratelli è un'altra esperienza comune ai bambini - spiega ancora Castelli - e anche i figli unici temono di non essere amati abbastanza. Ma Cenerentola ce la fa e i ragazzini la adorano proprio per questo, al di là di certe letture femministe, che considerano la protagonista puramente passiva». Ci sono la fata madrina e un sano tocco di magia, ma lei lotta, si attiva di nascosto per partecipare al ballo, cerca aiuto per preparare il vestito e tira fuori la scarpina di fronte al principe, nonostante le minacce della matrigna. E non subisce le continue angherie delle sorellastre ma, piuttosto, le sopporta con pazienza, con quella bontà che la madre le ha insegnato e lasciato in dono.
Cenerentola è la realizzazione del sogno e, per questo, si coniuga al femminile (come la contemporanea Pretty Woman) o al maschile, come nel caso di Cinderella man, il pugile in cerca di riscossa Jim Braddock, leggenda degli anni Trenta portata sullo schermo da Russell Crowe. Ed è amata a qualunque latitudine: «Ho già portato le fiabe de Il Giornale ai bambini dello Sri Lanka - racconta Castelli, che da un anno si occupa di un progetto nella zona di Matara -: Cenerentola non può mancare».
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