Non sono tantissimi: una trentina in tutto, sparsi tra il capoluogo e i comuni dellhinterland più vicini ai corsi dacqua teatro delle loro innocue scorribande. Però i cercatori d'oro di Milano sono animati da una gran passione. Hanno perfino organizzato un sodalizio Internet che si chiama «Oro in natura». Ogni tanto si riuniscono, discutono e si mostrano lun laltro i propri «trofei di setaccio» nella sede del Museo di Storia Naturale. Più spesso fanno gare in Italia e allestero (gli ultimi campionati del mondo si sono svolti lo scorso mese di luglio a Navelgas, in Spagna, località famosa per le antiche miniere romane). Quasi sempre, quando è stagione ovvero da ottobre a maggio circa, prendono su i loro attrezzi, salgono in macchina o in treno e, soli soletti, si dirigono verso un argine dove secondo un intuito affinato da lunghe frequentazioni, potrebbe esserci delloro. Nessuno pensi alle pepite che resero famoso il Klondike dove, a fine Ottocento, si svolse una delle più intense gold rush, corse alloro, della storia americana. «Qui - confida un appassionato - sono presenti solo piccole scaglie, pagliuzze quasi microscopiche». Tanto che riuscire a setacciare mezzo grammo di minerale in una sola giornata è una delle più grandi aspettative dei cercatori.
Per noi profani, apprendere che il minerale preferito da Paperon de Paperoni è così a portata di mano è comunque una sorpresa. «In Lombardia - svela un cercatore - tutti i fiumi sono più o meno auriferi perché i sedimenti di questo metallo provenienti dallarco alpino, sono stati trascinati a valle al termine delle glaciazioni». Anche Lambro e Olona, a detta degli esperti, porterebbero nel loro umilissimo grembo tracce del prezioso minerale. Cè oro anche nel Po, ma è il Ticino il sito aurifero lombardo per eccellenza: fino a una quarantina di anni fa i fidanzati del Vigevanese avevano labitudine di cercare proprio sui suoi argini il prezioso metallo per la vera nuziale. Abbastanza generosi anche alcuni torrenti del Varesotto e lAgogna, che dalla provincia di Novara attraversa parte della Lomellina. LAdda, infine, sarebbe molto ricco di luccicanti promesse, ma gli appassionati lo considerano un «paradiso perduto» a causa del divieto di ricerca posto nel territorio del Parco dalle autorità.
I giovani che praticano questo hobby non sono tantissimi, forse a causa della fatica che comporta stare piegati in due per ore e ore con un setaccio in mano e lacqua ai polpacci. Loro in natura non emoziona gli under 30 quanto i rispettivi nonni. Ma almeno si riesce a diventare ricchi? «Di solito, quello che si spende tra benzina e autostrada per raggiungere un sito aurifero è di gran lunga superiore al valore del minerale che si riesce a portare a casa». Chi parla è Vittorio Mauri, 64 anni, consulente informatico, cercatore d'oro che si è classificato secondo, dietro allolandese Sam Sosef, agli ultimi campionati del mondo (vedi riquadro). Una passione che viene da lontano: prima socio del Gruppo mineralogico milanese, poi folgorato sulla via delloro proprio sul Ticino allinizio degli Anni Settanta, quando impazzava la moda di cercare il biondo metallo rovistando tra i suoi argini. Oggi Mauri non appena gli impegni glielo consentono, raggiunge un corso d'acqua insieme alla moglie, anchessa cercatrice, e si mette a setacciare con lena e pazienza.
«Per trovare i punti giusti - svela Mauri - bisogna guardare bene la conformazione dellargine: se la sponda è erosa da una piena recente e sono visibili tracce nere di ferro e tracce rosse di granato, vuol dire che in quel punto la corrente ha depositato materiale pesante e, probabilmente, anche delloro».
In Italia i cercatori d'oro non sono tanti come in Finlandia o in Svezia: oltre ai 30 milanesi, ci sono solo altri 70 pionieri sparsi tra Piemonte, Liguria e alta Lombardia.
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