Il Mondiale del Messico doveva ancora cominciare, Giovanni Galli non sapeva quanto male gli avrebbe fatto Platini. Il Portogallo e la Spagna erano appena diventati Paesi Cee. Gli Usa e l'Italia mettevano l'embargo sulla Libia. All'Ucciardone si apriva il primo maxi processo per mafia. In Francia Chirac diventava primo ministro. Nei cinema di tutto il mondo stava per uscire Top Gun. E i Queen erano in procinto di chiudere la loro devastante carriera con Freddy Mercury come leader. Nelle edicole faceva capolino Dylan Dog. Poi, a un certo punto, i papà e i nonni hanno smesso di andare nell'orto. Noi di giocare a pallone ai giardinetti. Era il 26 aprile 1986. Il giorno dell'esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina. Da lì in poi malattie come leucemie e tumori hanno cominciato a colpire con insospettata frequenza anche nella nostra ristretta cerchia di conoscenze. Ed entro pochi anni ci siamo ritrovati a ospitare per l'estate i bimbi di Chernobyl. I reduci dall'orrore. Parte di famiglie distrutte dal disastro o di quei 336mila sfollati in altre zone dell'Ucraina.
I dati Onu e Kofi Annan A quelli che dicono (il rapporto ufficiale dell'Onu-Aiea) che i morti sono stati 58 e i contaminati 4mila si può rispondere citando i dati del rapporto Greenpeace. Prima ancora utilizzando il discorso dell'ex segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan: "Non sapremo mai il numero preciso delle vittime, ma 3 milioni di bambini hanno richiesto cure mediche e altri moriranno prematuramente. Non prima del 2016, al più presto, saremo in grado di valutare quanti saranno costretti a farsi curare, anche perché gli effetti dell'esposizione alle radiazioni sono posticipati".
L'esposizione alle radiazioni La nube radioattiva prodotta dall'esplosione della centrale di Chernobyl si è depositata, con il suo carico di veleni, sui territori di 14 Paesi europei, oltre il 50% di queste aree sono state "seriamente contaminate" dalle radiazioni (secondo il rapporto di Greenpeace). L'elemento disperso è il cesio 137, che ha più di 30 anni di "vita" nel terreno e nell'ambiente naturale. Greenpeace citando il rapporto Onu-Aiea fa notare come secondo lo studio delle Nazioni Unite siano stimate in 4mila le persone "uccise" dalle conseguenze dell'eplosione di Chernobyl. Mentre recenti dati solo di Russia, Bielorussia e Ucraina (le tre Nazioni più vicine al cuore del disastro) parlano di 200mila morti tra il 1990 e il 2004. Senza contare il totale dei malati di tumore. Solo in Bielorussia tra il '90 e il 2000 l'incremento dei casi di cancro è stato del 40%, del 52% nella regione al confine con l'Ucraina.
Altri studi: effetti sulle nascite Ma non c'è solo Greenpeace. Secondo il lavoro di due studiosi, Moeller e Mousseau (università Curie di Parigi e univesrity of Southern California), il numero di aborti spontanei è aumentato del 23% dopo l'indicente a Chernobyl, quello delle malformazioni congenite nei neonati dell'80%. Molto più drammatico è l'aumento del cancro alla tiroide. L'incidenza è salita di otto volte in Ucraina. Mentre in Bielorussia si è arrivati fino a 26 volte di più. Sono solo alcune cifre, poche evidenze. Poi ci sono le leucemie, le malattie del sistema respiratorio, i problemi all'apparato digerente e a quello circolatorio. Senza addentrarsi in problemi genetici o delle ghiandole endocrine.
I numeri veri La stima ufficiale di Greenpeace parla di 5-8 milioni di morti. Troppo? Troppo poco? Stando ai dati certificati ci sono 200mila morti, solo fino al 2004, e restrigendo l'analisi a Ucraina, Bielorussia e Russia. Anche perché negli altri Paesi, più distanti geograficamente, è difficile discriminare tra malati con patologie dovute o meno a Chernobyl. E soprattutto siamo di fronte a un fenomeno i cui effetti saranno precisi e delineati soltanto nei prossimi anni. Di certo le vittime non sono 58 e neppure 4mila.
E la scia di Chernobyl non si è ancora arrestata. Perché in quegli orti e in quei prati, contaminati per oltre 30 anni con il cesio 137, siamo tornati a coltivare e a giocare. Ecco perché è il caso di avere ancora paura di Chernobyl.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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