Dalla Chiesa, una mostra ricorda l'uomo e l'eroe

A 40 anni dalla strage di Palermo, foto e video raccontano il pubblico e il privato del generale

Dalla Chiesa, una mostra ricorda l'uomo e l'eroe

«Io penso che la mia vita non sia stata una favola. E se è, come è, una esperienza duramente vissuta, ambisco solo raccontarla ai giovani della mia Arma». Sono le parole di un uomo, un eroe, anche se il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, di cui si celebra il quarantennale della morte, preferiva definirsi un umile servitore dello Stato. E questa umiltà trasuda anche dall'incipit della mostra che gli dedica Palazzo Reale, il seguito di quella tenutasi nei mesi scorsi al Museo Storico dell'Arma di piazza Risorgimento a Roma.

Sono passati appunto quarant'anni da quel drammatico 3 settembre a Palermo che vide il brutale assassinio per mano mafiosa dell'uomo simbolo della lotta alle cosche, di sua moglie Emanuela Setti Carraro e dell'agente Domenico Russo che faceva da scorta alla A112 sulla quale i due viaggiavano. La mostra, aperta gratuitamente fino al 26 febbraio, prodotta da Publimedia Srl e sponsorizzata tra gli altri da Unipol, è stata presentata alla presenza del sindaco di Milano Giuseppe Sala, dell'assessore comunale alla Cultura Tommaso Sacchi, dal secondogenito Nando Dalla Chiesa, dal curatore Andrea Pamparana e dal generale di Corpo d'Armata dei Carabinieri Gino Micale.

In mostra fotografie, filmati e testi ricostruiscono la vita dell'uomo e del servitore dello Stato approdato a Milano negli anni del terrorismo, una tappa cruciale nella vita del Generale e nella Storia d'Italia. Il percorso fotografico ricostruisce la vita di Dalla Chiesa dai primi passi nell'Esercito, giovane soldato in Montenegro, il matrimonio con la prima moglie Dora Fabbo, le prime indagini in Sicilia dopo l'omicidio del sindacalista Placido Rizzotto, Luciano Liggio, boss di Corleone e primo nemico giurato del giovane capitano Carlo Alberto. E ancora, gli anni del terrorismo tra Milano e Torino, l'arresto dei capi delle Brigate Rosse, le indagini dopo il delitto di Aldo Moro, la nomina nel 1982 a Prefetto di Palermo, il feroce agguato in via Carini la sera del 3 settembre 1982.

Quella che emerge è quindi una figura poliedrica che mostra un uomo dedito allo stesso tempo alla famiglia e al servizio dell'Arma e dello Stato. Un'eredità che dura ancora oggi nel lavoro costante e incessante di uomini e donne in tutto il Paese. «Il metodo Dalla Chiesa» - ha voluto sottolineare il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Milano, Iacopo Mannucci Benincasa - è stato quello che ha permesso di contrastare in maniera efficace tanto il terrorismo prima quanto la criminalità organizzata poi, con l'ultimo atto di rilievo avvenuto poche settimane fa con l'arresto di Matteo Messina Denaro.

«Il Generale è un eroe dei nostri giorni - ha aggiunto - che ha sacrificato la vita per il bene di questa Nazione, lasciandoci in eredità il metodo con cui condurre le indagini più difficili contro la mafia e il terrorismo, un metodo fatto di alta specializzazione e approfondita raccolta di informazioni sul territorio».

Emblematico il ricordo di Nando Dalla Chiesa che ha voluto sottolinearne il carattere più intimo: «Mio padre si sentiva profondamente italiano. Ha amato tutte queste terre e queste città, ma credo che soprattutto Torino, Milano e la Sicilia abbiano rappresentato per lui davvero una parte profonda dei sentimenti degli italiani».

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