Si sta esagerando! Come nel giugno del 1982, quando un paio di futuri campioni del mondo non solo furono giudicati brocchi senza futuro, ma anche, senza motivo, leziosi omosessuali in vacanza.
Come nel giugno del 2006, quando i nostri calciatori, anche in questo caso futuri campioni del mondo, erano considerati il simbolo di un ambiente corrotto, marcio, destinato allo sgretolamento.
Non c'è due senza tre? Non oso sperarci: mi sembra che Argentina e Brasile appartengano a un altro pianeta calcistico. Ma le esagerazioni nei confronti di Marcello Lippi mi sembrano veramente ingiuste, feroci, invereconde.
Tutto comincia dalle convocazioni: a casa Totti, Cassano e Balotelli. Beh? Anch'io, al posto di Lippi, come i numerosi furenti critici li avrei convocati: tutti e tre, quei fantasiosi campioni.
Difficile però e troppo facile, o quanto meno presuntuoso, stabilire ora che, con loro in campo (e fuori campo, nel caso di Balotelli e Cassano!) le cose sarebbero cambiate in meglio. Puntualmente, affiora in questo caso un doppio vizietto nazionale. Per un verso crediamo di saperne di più, sempre, di chi istituzionalmente abbia la responsabilità di un incarico. Siamo più bravi di Berlusconi e del Papa, non saremmo più abili al posto di quello scioccone di un Lippi? E poi, secondo vizietto, moriamo dalla voglia di colpire, e infierire, sul Capo, chiunque esso sia, in difficoltà. A sentire certi analisti, Berlusconi non doveva essere già finito, qualche decina di volte? E la Chiesa di Ratzinger non sta forse crollando sotto gli scandali legati alla pedofilia?
Calma, ragazzi. Al tempo! Almeno si abbia la compiacenza e la pazienza di aspettare che il destino si compia. Quello di Berlusconi - piaccia o non piaccia, e lo dico senza considerarmi un fan - non si è ancora compiuto, a dispetto dei suoi molti e fiduciosi oppositori. E la Chiesa - si creda o non creda, e lo dico da rispettoso non credente - ha resistito, nella sua storia, a stagioni perfino cruente, comunque più travagliate di quella attuale. E Lippi, nel suo (nostro) piccolo? Aspettiamo almeno la terza partita con la Slovacchia, come ironicamente ha suggerito Marcello a un incalzante giornalista, ricordandogli le intempestività del 2006.
A scanso di perversi equivoci, e da liberale assoluto, ribadisco un'ovvietà: i giornalisti, i critici e tutti i cittadini di questo bizzarro mondo hanno il diritto di criticare, come suol dirsi popolarescamente, Mazzini e Garibaldi; e dunque anche Berlusconi, il Papa e perfino Lippi. Tutti possono prendersela con tutti e tutto. Ma qui non metto in discussione le elementari libertà di un universo civile (?). Parlo di sobrietà, opportunità e, alla fine, soprattutto di realismo. E metto le mani avanti: anche se la Slovacchia ci facesse fuori, non rinnegherei una sola parola di ciò che sto scrivendo adesso. Sobrietà? Le critiche sono ragionevoli, ma smodate e in qualche caso insensate. Opportunità? Non si tratta così un campione del mondo.
Ma soprattutto realismo! Basterebbe guardarsi intorno. Che ne dite del bordello della Francia? E dell'Inghilterra, con Capello (anche in questo caso: quanta frettolosità) buttato giù dal trono? E del capitombolo della Spagna? E della Germania violata dai serbi? E perfino della Costa d'Avorio, annunciata come candidata alla vittoria finale?
La Nazionale ha beccato due gol da polli, ha giocato due partite con l'handicap. Un handicap che non sarebbe facilmente sostenibile neanche dai più forti, brasiliani e argentini. Poi si è battuta con i denti, segno che il "gruppo" c'è. Non mancano indicazioni incoraggianti. Zambrotta non è un cavallo sfiatato, irriso ala vigilia: corre come un puledro. Cannavaro non è un ex: è un campione anziano, esperto, orgoglioso. Criscito è un giovane disciplinato, un soldatino che sembra un veterano... Chiellini è gagliardo, fortissimo. Montolivo tra i migliori visti a centrocampo in tutto il mondiale: cosa sareste qui a dire se quel suo gran tiro, finito netto sul palo, fosse entrato in rete? E De Rossi? A tutte le Nazionali farebbe comodo, e tutti i più ricchi club del mondo lo vorrebbero, a suon di milioni.
Conosco Lippi da quando era un ragazzetto debuttante nella Sampdoria, e una cosa è certa: è un uomo vero, fin da quando era un pivello. Un capo. Ha incassato come tutti qualche sconfitta, ma è soprattutto uno abituato a vincere. Se cadrà, cadrà con dignità; e, insisto, meriterebbe comunque rispetto e gratitudine. Ma non credo proprio che cadrà. È intelligente, furbo, duro, razionale.
È un Sindbad avventuroso, e ci ha già fatto salire una volta sul tappeto volante. E la "sua" squadra (che non è quella dei critici) lo sostiene: non sottovalutate mai, amici, la forza di un gruppo. Né i miracoli del tappeto volante.cesare@lamescolanza.com
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