Ciao Germania, vinciamo pure col rigore

Con i gol di Balo ce la facciamo contro tutto: il debito, le tasse, Merkel e Monti. E i tedeschi non imparano mai

Ciao Germania,  vinciamo pure col rigore

È bello essere italiani. Si vince, si va. Ciao Germania, ciao incubi, ciao paure. Noi avanti, loro a casa. Questa è vita. Questo è il calcio. Ba­lotelli, Cassano, Pirlo e gli altri ci portano in finale. Sfavoriti e vin­centi. Quello che non impareran­no mai di noi, i tedeschi, è che sap­piamo vincere anche quando sembriamo in difficoltà. Invi­dia eh? L’Italia non ha biso­gno di essere perfetta per ti­rare fuori il me­glio di sé. L’Ita­lia funziona an­che quando sembra preca­ria. È il dono che gli dei ci hanno dato. È il regalo che nessun tede­sco avrà mai.

Ciao allora. Andate a casa. Come nel 1970, come nel 1982, come nel 2006. Varsavia se­gue Città del Messico, Madrid, Dortmund. Uno scontro di civiltà che sul campo di pallone ribalta sempre tutto il resto. Da noi non funziona niente, ora persino il lo­ro campionato è meglio del no­stro: più ricco, più seguito, più feli­ce. Però con la nazionale stanno sotto, sempre. Cantiamo, allora: non vincete mai. Ancora: non vin­cete mai. È un risarcimento mora­le, oltre che una vittoria che va al di là del pallone. Dicano quello che vogliono i sociologi: sostengo­no che solo i bambini sovrappon­gono lo sport al resto della vita. Re­stino immersi nei loro libri e nelle loro teorie: qui, nella realtà, que­sta partita aveva un valore molto più profondo. La Merkel, Monti, lo spread, l’Europa. Italiani con­tro tedeschi, come due mondi al­ternativi. Noi e loro: non ci odia­no, ma non ci capiscono. E paghe­rebbero molto di quello che han­no per regalarsi una sera da italia­ni. Invece siamo noi a vincere. In­vece siamo noi a godere.

Alla prossima nemici tedeschi. Voi e i vostri numeri da fantascien­za, la vostra economia che tira, la vostra supponenza. Padroni dei bilanci e schiavi nel calcio. Conta, conta. Andiamo a prenderci la Spagna, la finale ce la giochiamo con loro. La Germania guarda e forse imparerà. Ha visto Balotelli saltarle prima in testa e poi sfon­darle la rete. Provino a fermare lui e capiranno quanto è difficile fer­mare noi italiani.

Ci aggrappiamo alla classe e al­la forza: ce l’abbiamo e la tiriamo fuori, come le bandiere che ades­so inondano le piazze, adornano i balconi, guarniscono le facce del­le nostre ragazze. Bello essere ita­liani, sì. Soprattutto se di fronte c’è la Germania. Italiani noi. Una specie di ossessione che i tedeschi non possono scordare. Siamo lì, sempre: rovinargli la vita sbucan­do da un Europeo che sembrava perso prima di cominciare e che invece ha fatto vedere proprio ai tedeschi che noi ci siamo sempre. Eccola,di nuovo,l’invidia che fac­ciamo: loro non vincono neppure quando sono perfetti. Giovani, for­ti, preparati, supportati da un pae­se che va a mille all’ora. Non serve a niente, perché battiamo ancheun arbitro che regala alla più po­te­nte nazione del momento un ri­gore immeritato e ingiusto. Non ci fermano, no. Ancora noi e per loro ciccia. Andiamo a Kiev, in finale dove pensavano di arrivare loro senza problemi. Dicevano: sarà una questione nostra con la Spa­gna. Ripassare please. Alla prossi­ma, se ci riuscite.

Alla prossima, se non trovate ancora l’Italia. Noi ci andiamo a giocare la nostra finale che significa la possibilità di esse­re padroni d’Europa. Basta? A noi sì. 

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