Monossido di carbonio per migliorare le prestazioni, è bufera "rebreathing" nel ciclismo

Alcuni team presenti al Tour de France utilizzerebbero una tecnica particolare per dosare il monossido di carbonio nei polmoni dei ciclisti: ecco di cosa si tratta e cosa si sa su benefici e rischi

Monossido di carbonio per migliorare le prestazioni, è bufera "rebreathing" nel ciclismo
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La domanda che in molti si stanno ponendo nelle ultime ore è se possa essere considerato doping o no: ufficialmente la Wada (l'Agenzia mondiale antidoping) non ne fa menzione, al momento è certamente una pratica lecita ma chissà se lo sarà anche nel prossimo futuro. Con un'esclusiva, il giornale Excape Collettive spiega che alcuni ciclisti del Tour de France inalerebbero monossido di carbonio per migliorare le loro prestazioni ottimizzando l'allenamento in quota.

Cos'è il "rebreathing"

"Almeno tre squadre, tra cui la Visma-Lease a Bike e la UAE Team Emirates formate dai principali contendenti Jonas Vingegaard e Tadej Pogačar, e la Israel-Premier Tech, hanno accesso a un costoso dispositivo chiamato rigeneratore di monossido di carbonio, che consente il dosaggio preciso del monossido di carbonio nei polmoni", scrive chiaramente il giornale indipendente che si occupa di ciclismo. Questa pratica viene anche chiamata "rebreathing" del monossido di carbonio (CO), uno strumento di misurazione che aiuta i team a "tracciare rapidamente e accuratamente i valori ematici chiave e a ottimizzare i potenti benefici fisiologici dell'allenamento in quota".

Quali sono i rischi

Lo stesso giornale che ha condotto l'inchiesta, in un primo momento spiega che nonostante questa tecnica sia stata introdotta di recente nel ciclismo non è una novità assoluta perché si conosce da decenni ed è utilizzata in ambito medico e di ricerca scientifica. Ma, allora, quale sarebbero i pericoli? Excape Collettive afferma che i campanelli d'allarme si hanno quando si utilizza un approccio più aggressivo chiamato "inalazione di monossido di carbonio" che nonostante utilizzi le stesse attrezzature e tecniche "entra nel regno scientificamente nuovo e molto più rischioso dell'inalazione del gas velenoso allo scopo esplicito di migliorare le prestazioni".

Secondo alcune ricerche scientifiche, infatti, l'inalazione di CO "può avere un impatto potente sulle misure della capacità aerobica come VO2max, o massimo assorbimento di ossigeno". In ogni caso si tratta di ipotesi visto che, come detto inizialmente, questa tecnica non è vietata dalla Wada e non esistono prove concrete che alcuni team presenti al Tour la utilizzano ma fonti di Excape Collettive hanno espresso le loro perplessità su questo utilizzo nel ciclismo ma che potrebbe anche essere esteso ad altri sport.

La risposta dei team ciclistici

Mathieu Heijboer, responsabile delle prestazioni per il Team Visma, ha dichiarato a Escape che c'è una collaborazione in corso "con Bent Rønnestad da alcuni anni per effettuare misurazioni all'inizio e alla fine dei campi di altitudine". Invece, l'unico utilizzo da parte di Israel-Premier Tech del Detalo Blood Volume Analyzer "è a fini di test per misurare l'impatto dell'allenamento in quota", ha spiegato un portavoce del team in una risposta via mail alla richiesta di commento di Escape. Una nota l'ha rilasciata anche il direttore medico degli Emirati Arabi Uniti, Adriano Rotunno, spiegando che il team usa il rebreathing di CO soltanto per dei test. "Non è una terapia: è uno strumento diagnostico che utilizziamo essenzialmente per capire qual è la fisiologia dei nostri atleti", ha sottolineato, spiegando che non c'è alcun beneficio nelle prestazioni.

"Escludo il doping"

"Doping? No, questo lo escluderei. Ma dipende da dove tracciamo la linea": lo ha dichiarato a Repubblica il professor Daniele Cardinale, ricercatore alla Swedish School of Sport and Health Sciences e tra i massimi conoscitori di questo metodo. "I test con il monossido di carbonio si fanno durante i camp di allenamento in altura per la rilevazione della percentuale di emoglobina, l’elemento del sangue deputato all’assorbimento e al trasporto dell’ossigeno: il monossido viene spinto intorno al 5% con una macchina, detta rebreathing, con la quale si inala la sostanza per 10-15 minuti. Il monossido si diffonde e si lega con l’emoglobina: dal suo andamento si comprende se il lavoro in altura sta avendo gli effetti desiderati".

Dopo questa premessa, il professore parla dell'articolo pubblicato da Excape Collettive dove si parla dell'uso di questo macchinario per migliorare le prestazioni degli atleti. "Essere esposti a tassi bassi ma costanti per aumentare la massa di emoglobina. Lo fanno? Penso di no. C’è troppa paura di un nuovo scandalo, le squadre ci vanno con i piedi di piombo. Ma non possiamo escluderlo.

Ci sono un paio di studi in cui si specifica che essere esposti al monossido di carbonio a dosi molto basse per cinque giorni consecutivi aumenta alcuni parametri come il numero di capillari per fibra. Sarebbe, se così fosse, una pratica non espressamente vietata dal Codice antidoping, ma certamente borderline".

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