L’edizione 107 della corsa rosa si è chiusa ieri con la passerella romana ma i verdetti li aveva già dati da un pezzo. Agli osservatori occasionali è sembrato un assolo del cannibale Pogacar, che non ha perso occasione per dimostrare la sua superiorità ma si sono viste tante altre cose interessanti in queste tre settimane. Dal rinascimento dei ciclisti azzurri all’aggressività commovente di un grande campione, dal coraggio di tanti giovani alle delusioni di tanti protagonisti annunciati. Vi raccontiamo come è andato questo Giro 2024 nel nostro pagellone, sperando che sia solo il primo passo verso un Tour e un Olimpiade in salsa azzurra.
Tadej Pogacar hors categorie
Come si fa a giudicare la prova di un ciclista che non è riuscito a tenersi la maglia rosa dal primo all’ultimo giorno solo per un colpo di sfortuna? Il cannibale sloveno è stato implacabile nel frustrare ogni velleità dei rivali, umiliarli con i suoi strappi dirompenti e, in generale, dare l’impressione di poter vincere sempre e comunque. I critici diranno, a ragione, che l’assenza degli altri big gli ha reso la vita più facile ma il fatto è un altro: a 25 anni, con sei Grandi Giri alle spalle tutti chiusi sul podio, Tadej Pogacar è come il Galibier, hors categorie.
C’era chi diceva che la Uae aveva presentato una squadra troppo debole, che i suoi domestiques erano poco abili ma qui è venuta fuori la maturità del campione slavo. Vederlo lì a tirare per gli altri nelle volate è il segno di un capitano che sa il fatto suo, che sa gestire anche le giornate complicate. I rivali sono avvertiti: Tadej ha ancora tanta fame di vittorie. Vingegaard e Roglic dovranno faticare parecchio per negargli la doppietta Giro-Tour.
Jonathan Milan 8
La risposta del velocista friulano a chi storceva il naso di fronte ad uno come lui, cresciuto nei velodromi, è di quelle che non lasciano spazio alle discussioni. Portare a casa la seconda Maglia Ciclamino consecutiva non è da tutti: farlo a 23 anni è ancora più impressionante. Certo, se non ci fosse stato uno come Merlier, il conto delle vittorie di tappa sarebbe stato ancora più importante ma Milan c’è sempre stato, come prova il fatto che sia arrivato secondo in altre quattro volate.
Un Giro importante, insomma, ma non bisogna sottovalutare il fatto che una squadra non banale come la Lidl-Trek abbia imbastito un treno di livello capace di supportarlo al meglio. Il trionfo di Milan è anche merito dei suoi gregari, a partire dal monumentale Simone Consonni, che per poco non è riuscito a consentirgli di superare anche una rottura di catena a pochi chilometri dal traguardo. Se poi arrivasse anche un altro oro a Parigi, sarebbe una vera apoteosi.
Julian Alaphilippe 8
Simpatico non lo è mai stato, ma quando si tratta di dare spettacolo pochi sono in grado di superare il bi-campione del mondo. Lou Lou non si è risparmiato le polemiche, le frecciatine ma, senza i tanti infortuni, avrebbe vinto molto di più. Al suo primo Giro si conferma come uno dei migliori ciclisti della sua generazione, ottenendo la vittoria di tappa che lo fa entrare nella storia con la tripletta Giro-Tour-Vuelta.
Come si spiega la legione di tifosi scatenati che lo segue ovunque nel mondo? Julian è uno che attacca sempre, anche quando magari farebbe meglio a fare il ragioniere e scegliere meglio quando spingere e quando risparmiarsi. Il fatto che la stoffa sia quella del campione lo si è visto dopo il successo di Fano, quando ha abbracciato Mirco Maestri, aspettandolo quando era in crisi nel finale. Sono gesti come questi che fanno la differenza: i tifosi lo sanno bene.
Daniel Martinez 7,5
Vederlo lì, sul secondo gradino del podio, primo tra gli umani dietro al cannibale sloveno potrebbe sembrare una mezza delusione. In questo caso, però, il fatto che il ciclista spagnolo abbia tenuto botta così a lungo, quando tutti si aspettavano che finisse la benzina, non è impresa da poco.
Martinez si è giocato al meglio le sue carte, senza sprecare troppo, dosando le forze in maniera sapiente e restando fermamente determinato a non mollare mai. Vincere il duello con uno come Thomas, con una squadra non al top, è una vera e propria impresa. Chapeau.
Antonio Tiberi 7
Partire con troppe aspettative sulle spalle non sarebbe stato mai semplice ma il ciclista laziale ha saputo rispondere alla grande. Certo, non esser riuscito a raggiungere quel podio che sembrava a portata di mano è una delusione ma la Maglia Bianca, visti i tanti giovani di livello visti in questo Giro, non è un risultato da buttare.
I soliti criticoni dicono che qualche anno fa sarebbe stato solo un gregario, che non abbia la stoffa del campione. Sarà, ma le azioni che ha fatto vedere sono state comunque importanti. La qualità non gli manca ma ha pagato troppo caro un inizio di Giro decisamente disgraziato. Se non avesse perso così tanti minuti, si sarebbe tolto molte più soddisfazioni.
I giovani rampanti 7
Se le prime pagine se l’è tutte prese Tadej Pogacar, questo è sicuramente stato il Giro dei giovani leoni, che hanno dimostrato di avere quel che serve per diventare grandi. I tifosi azzurri hanno ancora negli occhi le tante azioni di Giulio Pellizzari, che alla sua prima corsa rosa si ritaglia tanti momenti memorabili, dal secondo posto sul Monte Pana all’attacco coraggioso sul Grappa.
Altrettanto convincente il promettente tedesco Georg Steinhauser, nipotino di Ullrich che, specialmente in salita, può sempre dire la sua: oltre alla vittoria di tappa ha attaccato spesso, mostrando che talento e classe non si inventano. Cosa dire poi di Pelayo Sanchez, finalmente continuo e in grado di piegare anche un campione come Alaphilippe. Il ciclismo del futuro è qui.
Gli exploit azzurri 7
Alle volte per far svoltare un Giro basta una giornata perfetta, come quella vissuta da Benjamin Thomas a Lucca, con quella fuga insensata che arriva in qualche modo al traguardo. Come dimenticare l’impresa di Valentin Paret-Peintre a Bocca della Selva, scalatore puro che finalmente riesce a trovare il modo di brillare. Se i francesi hanno reso il Giro dei cugini meno amaro, sono le imprese dei nostri azzurri a farci sperare in un futuro più brillante per il nostro ciclismo.
Nonostante partisse per dare una mano a Geraint Thomas, Filippo Ganna è riuscito ad ottenere almeno una soddisfazione, superando la delusione di Perugia battendo Pogacar a Desenzano. La sensazione è che, se gli fosse stato concesso, avrebbe fatto anche meglio. Negli occhi, però, rimane l’impresa di Andrea Vendrame, uno che ci prova spesso e porta a casa una tappa non semplice come quella di Sappada. Se son rose, fioriranno.
Geraint Thomas 6
Vedersi sfuggire di mano il secondo Giro d’Italia consecutivo non è il massimo ma non bisogna dimenticare che il campione gallese ci riesce nonostante i 38 anni. Thomas non riesce a trattenersi e quando le cose non girano si lamenta, sbuffa e brontola ma non molla, il che non è poco.
Rimanere lì al top, nonostante la marcia del tempo, i muscoli che protestano, i tanti giovani che puntano a scalzarlo è un’impresa memorabile. Gli anni passano ma il carattere e la personalità rimangono quelli di sempre: avercene di campioni del genere...
Gli azzurri deludenti 5
Nonostante una pattuglia quasi ai minimi storici, complessivamente il Giro dei ciclisti tricolori non è stato affatto male. D’altro canto, però, non tutti possono godersi le vacanze col sorriso sulle labbra. Davide Ballerini, ad esempio, nonostante avesse corso il Giro di Turchia, migliora tappa dopo tappa ma, alle volte, sembra troppo voglioso di provarsi, sprecando diverse occasioni.
Altrettanto deludente il Giro di Damiano Caruso, partito con grandi ambizioni ma bloccato dalle cadute e da qualche malanno. A parte qualche fuga infelice, mette la sua esperienza al servizio di Tiberi. Ancora peggiore la gara di Alberto Dainese ma dopo aver dovuto saltare buona parte della preparazione non è stato semplice, riuscendo a giocarsela in volata solo nella sua Padova.
I rivali di Pogacar 4
Con un Giro dominato dal primo all’ultimo giorno da Pogacar, impossibile non pensare che i rivali del cannibale avrebbero dovuto fare di più e di meglio. Guardandosi in giro, però, difficile immaginare che qualcuno avrebbe potuto negare la vittoria allo sloveno. Questo non vuol dire, però, che diversi in gruppo mastichino amaro. Romain Bardet arrivava al Giro dopo una Liegi da protagonista ma parte subito malissimo, accumulando un ritardo pesante. Il campione francese è però troppo poco costante e, alla fine, deve accontentarsi del nono posto.
Un altro dei delusi non può che essere Caleb Ewan, che si aspettava decisamente di più dalla corsa rosa. L’australiano non è più giovanissimo e per la prima volta è riuscito ad arrivare al traguardo ma in volata non si vede proprio mai.
Altrettanto disastroso il Giro di Christophe Laporte: chiamato all’ultimo dopo l’infortunio di Van Aert, il campione europeo cercava il rilancio dopo un inizio di stagione da dimenticare ma è costretto a ritirarsi dopo otto tappe, pagando le conseguenze di una caduta. Sicuramente un’occasione persa ma potrà rifarsi, magari a Parigi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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