«Domani (oggi per chi legge, ndr) potrebbe essere firmato un accordo separato che introduce, per la prima volta nel nostro Paese, la derogabilità dal contratto nazionale. Se questo dovesse avvenire sarebbe un fatto gravissimo, uno strappo alla democrazia che non ha precedenti», ha detto ieri Maurizio Landini, segretario della Fiom Cigl. Landini si riferisce alle decisioni che la Federmeccanica (gli industriali metalmeccanici) prenderà su richiesta della Fiat per il rilancio del comparto auto.
Le parole del leader della Fiom sono farneticanti: in quasi tutti i contratti di categoria recentemente approvati - anche dalle categorie «riformiste » della Cgil, tranne i metalmeccanici - sono previste deroghe dal contratto nazionale. Secondo l’esperienza non di Paesi che hanno «strappato » con la democrazia, bensì degli Stati Uniti e della Germania, dove alla Chrysler e alla Volkswagen si è derogato dagli accordi precedenti per affrontare con successo la grave crisi del 2008. Le posizioni di Landini offrono un’idea precisa del dibattito attuale: nel quale non si intravede alcuna Emma Marcegaglia che lascia la Cisl affascinata dalla Cgil e tanto meno simili giri di valzer da parte di Sergio Marchionne. Ma, al contrario, ci sono il mondo imprenditoriale e grandi sindacati come la Cisl e la Uil pronti ad aprire di fronte a una qualsiasi resipiscenza della segreteria nazionale della Cgil. Se ne sta andando Guglielmo Epifani, rovinoso segretario della confederazione che fu di Luciano Lama: l’uscente ha regnato dividendo i riformisti e gli estremisti, facendo alleanze con pure logiche di nomenclatura con il risultato di non contare più niente, di proclamare scioperi falliti, di non trattare più né con le imprese né con il governo.
L’unico suo successo è stato proporre una erede ex socialista, come lui, per proteggere future carriere. Però Susanna Camusso è una sindacalista diversa da Epifani: fu cacciata dalla Fiom dagli «antenati» di Landini perché seguendo il settore auto, vedeva come certa linea sindacale lo stesse portando al disastro. Al di là qualche schermaglia radicale (tipo sul femminismo) la Camusso potrebbe scegliere di riportare la confederazione dentro logiche sindacali e non più amletico- politico-ideologiche. Se questo avverrà è giusto offrirle «il vitello grasso». Naturalmente fioriscono mille manovre in questa Italia dove le scelte concrete vengono sempre contrastate da quei circoli che saldano il massimo dell’elitismo con la complicità con il massimo dell’estremismo (il governo Prodi- Mastella-Montezemolo-Epifani-no global fu l’estremo esempio di questa tendenza), per bloccare tutto e conservare il proprio potere. E ciò nonostante la dialettica in corso sul possibile recupero della Cgil sia particolarmente chiara.
Si dicono sciocchezze su chi voleva «escludere la Cgil» (basta leggere le parole di Landini per capire chi si escludeva), altri cercano di infilare la magistratura anche sulle questioni sindacali (come se non avesse fatto già abbastanza guai con la politica): c’è anche un arietta di campagna elettorale per la prossima Confindustria.
Non è male, dunque, definire bene la radice del problema: sarà semplice recuperare la Cgil nazionale se questa guarderà alle sue categorie riformiste dei tessili, dei chimici, delle Tlc, del commercio, degli edili, dei bancari, e così via; e non farà da sponda agli ultimi mohicani della Fiom, legati al carro dei Cobas, dei centri sociali e di loschi ambienti come quelli intorno a Pomigliano d’Arco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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