Papa Francesco non ha intenzione di rivedere la posizione del Vaticano sulla Cina. La Santa Sede ed il "dragone" hanno stipulato un accordo provvisorio nel settembre del 2018. Un'intesa che non piace ai sovranisti ma che sancisce la formalizzazione di un riconoscimento: il Papa ora è Papa anche per Pechino.
Un elemento, questo della legittimazione come autorità spirituale del pontefice universale, che contribuisce a chiarire la portata del patto, che è "segreto" nella misura in cui non è mai stato pubblicato. Non è possibile indagare con esattezza i contenuti di un accordo che avrebbe avuto bisogno di ventiquattro mesi per essere verificato dalle parti. Un pezzo di strada è stato fatto, ma l'ultima parte del percorso è stato interessato dall'avvento della pandemia, che non ha consentito al Vaticano ed alla Cina di procedere secondo i piani.
Alcune cose sono successe: il Papa ha invitato a Roma alcuni vescovi cinesi; il Papa ha creato nuovi vescovi e nuove diocesi; il Papa ha iniziato a parlare dell'eventualità di un viaggio in Cina; sempre Bergoglio ha ringraziato le autorità cinesi per l'impegno messo in campo per contrastare la diffusione del Covid-19. Non si tratta di banali indizi, ma di fatti in grado di raccontare meglio cos'è stato deciso per mezzo dell'"accordo provvisorio". Con ogni probabilità, nel documento c'è scritto nero su bianco che il Papa ha la facoltà di nominare presuli, per esempio. Prima di settembre 2018 non era possibile affermare lo stesso. Ma ora qual è la situazione? L'indiscrezione lanciata oggi su Il Corriere della Sera da Massimo Franco racconta di come "dragone" e Santa Sede vogliano concedersi altro tempo per fare ogni valutazione. Il SarsCov2 ha fatto da barriera naturale al naturale svolgimento degli affari diplomatici. E settembre non è più il mese buono per constatare come sia andata.
Il fronte conservatore e tradizionale contrinua a sbracciarsi, segnalando la pericolosità del quadro. Chi si oppone all'accordo sostiene che la Chiesa cattolica non debba assecondare le velleità cinesi, puntanto piuttosto all'accettazione della sofferenza, per poi esercitare, semmai dovesse essere, un ruolo nella ricostruzione post-comunista. Il principale teorico di questa linea è il cardinale Joseph Zen, ex arcivescovo di Hong Kong che, differentemente da quanto scelto dalla Santa Sede, si è schierato dalla parte delle proteste dei giovani anche sulla Rai: "Noi anziani siamo contro la violenza, ma i giovani sono pronti a morire", ha dichiarato il cardinale, che è entrato in polemica con la Segreteria di Stato per via delle diverse idee sull'"accordo provvisorio".
Il "patto segreto" non è rilevante solo in termini di comunanza spirituale con la comunità cattolica cinese, che per qualcuno adesso può essere definita "pacificata" e che per altri invece subisce le conseguenze di un accordo che avrebbe acuito le sofferenze, ma è importante anche sul piano geopolitico. In più circostanze, ci siamo occupati dell'insorgenza di una "nuova guerra fredda". Donald Trump, in quanto leader della "potenza dominante", e Xi Jinping, in quanto vertice della "potenza emergente", hanno già avuto modo di confrontarsi sul piano economico, che è poi il terreno su cui si gioca la partita principale della nostra epoca. Ma ora la polarizzazione tra i due colossi potrebbe divenire sempre più tangibile. Cosa farà la Chiesa cattolica?
Papa Francesco, come il segretario di Stato Pietro Parolin del resto, è un teorico del multilateralismo diplomatico. La sensazione è che l'Ecclesia non voglia gettare alle ortiche quanto costruito nel corso di questi quasi due anni. Un "vezzo occidentalista", insomma, non verrà assecondato. Ecco perché il rinnovo dell'"accordo provvisorio" è lo scenario più probabile. E gli Stati Uniti? Secondo più di qualche retroscena, l'ultima visita di Mike Pompeo in Vaticano è servita pure a domandare del posizionamento della Santa Sede.
In un eventuale quadro dicotomico tra Oriente ed Occidente, quale sarà l'opzione preferita del Vaticano? Una domanda cui il multilateralismo - come fatto notare
dallo stesso Franco - non può rispondere in maniera diretta. Poi a novembre si terranno le elezioni presidenziali: se a vincere dovesse essere Joe Biden, il discorso si semplificherebbe. Forse in Vaticano qualcuno ci spera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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