Al cinema "E poi c'è Katherine", quando il compromesso è evoluzione

Emma Thompson giganteggia in una commedia ritmata e divertente, ambientata nel leggendario mondo dei talk show televisivi notturni.

Al cinema "E poi c'è Katherine", quando il compromesso è evoluzione

Non capita spesso di imbattersi in una commedia intelligente e attuale come "E poi c'è Katherine". Nonostante l'orrendo titolo italiano, (in originale è "Late Night"), una certa prevedibilità e diversi clichés, il film regala un'ora e mezza godibilissima, in cui si sorride e si riflette su come sia necessario rinnovarsi per restare a galla in un mondo ogni giorno più distante da quello che conoscevamo.

Katherine Newberry (una divina Emma Thompson) da vent’anni accompagna le notti degli americani come presentatrice di un talk show improntato alla comicità (una sorta di David Letterman show, per intenderci). Nella sua fulgida carriera la donna ha vinto ben 43 Emmy ed è una leggenda vivente della tv. Devota soltanto ai principi di eccellenza ed efficienza, non la tange l'aver reso tossico il proprio ambiente di lavoro. Quando però, in pieno post-Metoo, le viene fatto notare che ha fama di odiare le donne, per correre ai ripari e ripulirsi l'immagine ordina di assumere nella sua squadra di autori una "quota rosa", non importa chi, purché il più presto possibile. La fortunata è una ragazza indiana (Mindy Kaling) senza alcuna esperienza ma che si rivelerà decisiva per risollevare il programma da un annoso declino.

Ibrido tra film celebri come "Il diavolo veste Prada" e "Una Donna in Carriera", questo "E poi c'è Katherine" racconta in maniera brillante il dietro le quinte dell'universo televisivo contemporaneo. Mindy Kaling, sceneggiatrice, produttrice e interprete del film ha molto in comune col suo personaggio: è stata la prima donna, e di colore, a scrivere la premiata serie "The Office" e ad avere un programma tutto suo ("The Mindy Project"). Ma indubbiamente è nella performance attoriale della Thompson il valore aggiunto in grado di trasformare una commedia classica in un'opera che sa essere a un tempo comica, sagace e illuminante su argomenti sempre attuali (come il sessismo sul posto di lavoro) e su temi universali (come il fare i conti col tempo che passa). La caratterizzazione della protagonista, Katherine, è nata assieme all'idea che a interpretarla sarebbe stata Emma Thompson, la quale, in effetti, si rivela perfetta nei panni di una cinquantaseienne inglese fuori dal comune. Nel ruolo è fredda, decisa e di un cinismo crudele, ma anche dotata di una malcelata umanità e dell'intelligenza di capire quando è il caso di uscire dalla propria comfort zone.

Il cambiamento è una costante in ogni ambito dell'esistenza e opporglisi è spesso l'anticamera della sconfitta. L'anchorwoman attorno alla quale ruota il film è arroccata nella definizione immobile che ha di se stessa, ritenendo con grande vanto di rappresentare "l'eccellenza senza compromessi". Cristallizzata in uno snobismo eterodiretto, s'illude di poter vivere per sempre in un mondo disegnato come lei comanda. A salvarla è il fatto di venir contaminata dall'idealismo e dall'entusiasmo dell'ultima arrivata, qualcuno in grado di insegnarle che l'evoluzione nasce dal dialogo tra vecchio e nuovo, tra superiori e sottoposti, tra donne e, più in generale, persone di culture e generazioni diverse.

Incastonato in un film leggero e pieno di

battute di classe, c'è dunque uno spunto di riflessione tutt'altro che scontato: esiste un'accezione positiva di compromesso, quella in grado di accorciare le distanze tra i poli di dicotomie altrimenti immobili e sterili.

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