"Oppenheimer", Nolan firma un'odissea nel concetto di responsabilità

Un film magnificente, impegnativo e pervasivo, che muove riflessioni senza puntare all’emotività, ma soprattutto un tuffo nel passato necessario per capire di cosa sono figli i nostri tempi

"Oppenheimer", Nolan firma un'odissea nel concetto di responsabilità

Oppenheimer”, il film che Christopher Nolan ha dedicato all’inventore della bomba atomica, è tutto il massimo che ci si può immaginare dall’incontro di un grande regista, del punto zero della Storia moderna e di un grande schermo.

La costruzione narrativa è come te la aspetti da chi da sempre ama muoversi su piani temporali diversi; in più si alternano l’uso del colore e del bianco e nero a seconda che il punto di vista sia quello del protagonista o meno.

Siamo durante la seconda guerra mondiale quando il fisico J. Robert Oppenheimer (Cillian Murphy) è scelto dal generale Leslie Groves (Matt Damon) per il progetto top secret Manhattan, per essere messo a capo di un team di scienziati. A Los Alamos, Oppenheimer coordina gli sforzi americani di anticipare la Germania nella corsa al nucleare. Il suo lavoro si concretizza il 16 luglio 1945, quando va in atto la prima esplosione nucleare, evento che cambia per sempre il corso della Storia.

“Oppenheimer” è una pellicola (il termine torna a essere appropriato) che è il ritratto magnetico e sfaccettato di un uomo e di un periodo, ma anche il racconto potente e agghiacciante dell’eterno dilemma del rapporto fra scienza ed etica.

La sceneggiatura del film è basata su “American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer” di Kai Bird e Martin J. Sherwin, libro pubblicato nel 2005 e vincitore del Premio Pulitzer.

Nolan costruisce un blockbuster d’autore, in cui a certi vezzi da cinema classico hollywoodiano si aggiungono accuratezza scientifica e storica inappuntabili. Fin dal titolo è evidente che le tre ore di durata si concentreranno su un individuo, quello che la copertina del Time ribattezzò “il padre della bomba atomica”. Seguendo il punto di vista di questa mente intellettualmente superiore, siamo anche resi partecipi delle sue mancanze o debolezze di semplice essere umano. Attraverso le sue sporadiche visioni, concepiamo come egli senta la presenza di un universo nascosto, da decifrare per poi essere dominato.

Oppenheimer è un uomo glaciale e imperscrutabile, il cui tormento interiore emerge solo dagli occhi, ora inquieti ora impauriti, mentre nelle azioni segue impassibile un immarcescibile senso del dovere. Circa il suo lavoro e le conseguenze di esso, il nostro pensa di non avere scelta. Finge con se stesso di essere solo una pedina nel grande scacchiere della Storia ma sa bene che la sua mossa sarà decisiva per il finale di partita.

Il genio non è garanzia di saggezza, questo sottolinea Nolan, più come dato di fatto che come espressione di un giudizio. Il regista si limita a definire Oppenheimer un moderno Prometeo, del resto ha dato agli uomini il potere di autodistruggersi e solo in seguito ha tentato di metterli in guardia, pagandone le conseguenze.

Per il resto ce lo descrive come un uomo risoluto, che si fa forte delle proprie false certezze ma in fondo conosce quanto il limite tra giusto e sbagliato sia labile e opinabile, così come sa che progresso e avanzamento tecnologico non sono sinonimi e che ogni conquista si accompagna da sempre alla lotta tra miglioramento collettivo ed ambizioni del singolo.

Attraverso l’intensità dei primi piani di Cillian Murphy si compie un viaggio emotivo nell’inconscio di un essere umano affascinante e ricco di contraddizioni. Questo genio precoce della fisica quantistica che è anche un donnaiolo indefesso sospeso tra una moglie (Emily Blunt) e un’amante (Florence Pugh), incarna il concetto di ambiguità morale. Oltre che nelle relazioni interpersonali, anche nell’orientamento politico è ondivago, perciò non sorprende vederlo abbracciare l’idea di colpire civili inermi per uno scopo più grande.

L’ambizione umana, le ambiguità del progresso e le ingerenze del potere sono i temi esplorati attraverso la messa in scena delle diverse fasi dell'esistenza di Oppenheimer, dagli inizi come studente in giro per l’Europa fino alla commissione d’inchiesta cui è sottoposto negli anni del maccartismo, quando la sua fedeltà patriottica viene messa in discussione per giovanili simpatie politiche comuniste e per la sua avversione allo sviluppo della bomba a idrogeno. Qui, nella terza parte, il film si concentra sulla presenza di piccoli uomini in posti importanti a livello planetario, in particolare Lewis Strauss (eccellente Robert Downey Jr.), presidente della Commissione per l’energia atomica degli Stati Uniti.

Ogni personaggio che vediamo agire in direzione dell’evento che tutti conosciamo, ha le sue ragioni, una spiegazione logica al proprio operato, un alibi pronto ad alleggerirne la coscienza. Naturalmente nessuna piena colpevolezza significa anche che nessuno è innocente.

In Oppenheimer ci sono i paradossi e le ambiguità di ogni essere umano ed è questo a rendere il film al contempo maestoso e terrificante. Oltre al fatto che il pensiero va spesso al presente, in cui è ancora attiva l’onda di quella prima epocale detonazione: i nostri sono ancora giorni di guerra, di minacce nucleari e di destini incolpevoli in mano a singoli col potere di decidere tra vita e morte, creazione e distruzione.

La prepotente colonna sonora di Ludwig Göransson amplifica l’impatto visivo delle scene e le porta ad averne uno interiore nello spettatore. Anche se, in chi è in sala, la vera deflagrazione avviene ovattata da un sinistro silenzio, come nel climax del film, che rende però assordante il monito di come ogni scelta determini responsabilità.

Il ritmo incalzante e le scene dense di dialoghi (spesso inerenti teorie scientifiche e intrighi politici), costringono chi guarda a tenere sempre alta l’attenzione.

Girato in 70mm e con esplosioni riprese dal vero, anziché frutto della computer grafica, “Oppenheimer” è davvero tecnicamente superbo e progettato per essere visto sullo schermo più grande possibile.

Impreziosito da cameo di grandi attori tra cui Rami Malek, Kenneth Branagh o Casey Affleck, solo per citarne alcuni, è il titolo

ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale ad aver incassato di più. Non stupisce. Del resto una così fondamentale pagina di Storia, in mano a Christopher Nolan, è diventata una pagina di storia del cinema.

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