“Enea” è il film con cui Pietro Castellitto, giovane figlio d’arte, sbarca in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, dopo aver vinto nel 2020, qua al Lido, il premio Orizzonti per la sceneggiatura con “I predatori”, la sua opera prima.
Questa seconda fatica ha sicuramente un guizzo inusitato; si avverte un talento estroso che ha però il limite di non venir ancora domato in maniera costruttiva.
Il giovane Castellitto pecca di voracità e vitalismo, mettendo assieme qualcosa che richiama molto altro ma facendolo con modi spesso ingenui. La sommatoria di trovate “vincenti” non diventa automaticamente un buon film. Il ragazzo ha tanto da dire ma non è stata forse una buona idea affidargli un budget così imponente (si parla di oltre otto milioni di euro), dato che la continenza del mezzo espressivo non è il suo forte e che ancora deve costruirsi uno stile e una poetica.
“Enea” ha per protagonista un ragazzo di trent’anni che sa cavarsela nel mondo, un po’ perché facilitato dall’estrazione alto-borghese, un po’ perché davvero prende la vita a morsi. Gestisce un ristorante sushi, frequenta Eva (Benedetta Porcaroli), veglia sul problematico fratellino sedicenne (Cesare Castellitto) e deve vedersela con genitori (Chiara Noschese e Sergio Castellitto) la cui soddisfazione esistenziale è solo di facciata. Con l’amico di sempre, Valentino (Giorgio Quarzo Guarascio), novello aviatore, Enea si divide tra circolo da generone romano, tennis e discoteca. I due fanno anche un bel po’ di soldi insieme, pur non avendone bisogno, spacciando droga ai ragazzi. Quando un giorno arriva un affare più grosso degli altri, la somma in ballo è altissima ma lo è anche il rischio, non calcolato né previsto da alcuno.
Il ragazzo va veloce, sia che parliamo di Pietro Castellitto che del personaggio da lui interpretato, nel senso che è un esempio di gioventù dotata, agiata e innamorata della vita, ma che osa troppo, in maniera scomposta e con risultati alterni.
I ragazzi raccontati da Pietro Castellitto hanno un mondo dentro ma anche qualche problema a coniugare nichilismo e romanticismo. Non hanno i valori posseduti ancora dai genitori, però rispetto al senso di fallimento di quelli, conservano la speranza ancora accesa addosso.
I genitori hanno scoperto che la scalata sociale (il bel lavoro, la bella casa, la bella famiglia) non ha dato loro la felicità e hanno addosso una rabbia da esorcizzare (con distacco meditativo o con sfogo pilotato in sicurezza). Sono ingabbiati in una coltre di ipocrisia che non fa vedere loro quasi niente, neanche bene cosa stiano facendo della loro vita i figli. Questi ultimi invece sognano di cavalcare la tigre ma per farlo, nascendo in un ambiente elitario, devono prima andare in cerca d'avventura, o meglio di guai. Li aiuterà in questo senso intercettare il fiume di criminalità che scorre sotto la capitale e che emerge in superficie nei momenti meno prevedibili. hanno un approccio alla vita di stile avventuroso, devono cioè pur crearsi una guerra per mettersi alla prova e sentirsi vivi (risuonano le parole “Roma Nord è come il Vietnam” pronunciate da Pietro due anni fa).
Il tono si fa grottesco e surreale, specie grazie all’uso avulso di vecchie canzoni molto conosciute come “Maledetta primavera” e “Spiagge”.
Sono due titoli che raccontano le tematiche del film: amori, nostalgie, la fine di una stagione assolata.L'insieme ha varie stonature ma "Enea" è comunque espressione di un autore, regista e interprete di talento, il cui domani promette di essere meritatamente fulgido.
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