La città post-industriale nelle tele della Ortolani

Rendere arte ciò che viene messo da parte. Gioco di parole discutibile e soprattutto impresa non facile. Impresa che riesce perfettamente a Sabrina Ortolani, che nelle sue tele, nelle sue fotografie e nelle sue incisioni dà nuova vita a oggetti dimenticati o guardati distrattamente. Oggetti che fanno parte dell’esperienza quotidiana, sfondo abituale per chi abita una grande città come Roma. Macchine agricole e industriali, automobili in disuso o demolite, betoniere, rottami, paesaggi urbani e fabbriche diventano protagonisti di «Acquetinte», l’esposizione che da domani (il vernissage è alle 19) al 13 gennaio sarà allestita al NoName Café di via dei Genovesi 35, a Trastevere. Per comprendere il fascino dell’opera di Sabrina Ortolani è necessario vedere, toccare con mano i suoi quadri.

«Guardandoli - spiega il critico Riccardo Capone nell’introduzione alla mostra - viene voglia di toccarne i soggetti, di sentirne la struttura tra le dita. Se ne sente quasi l’odore, il sapore. Si respira, nel senso più vasto del termine, l’aria della città. L’artista sa svelare la bellezza nascosta delle cose, una bellezza da cercare e da scoprire dietro le apparenze».

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