Lavoro e pensioni, la sentenza che crea un precedente: l'Inps perde in tribunale, cosa cambia

Anche dopo Quota 100, 102 o 103 è possibile in alcuni casi lavorare prima del compimento dei 67 anni: la decisione del tribunale di Vicenza

Lavoro e pensioni, la sentenza che crea un precedente: l'Inps perde in tribunale, cosa cambia
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Una recente sentenza emessa dal tribunale di Vicenza crea un importante precedente e può fin da oggi modificare l'applicazione delle norme che impediscono ai contribuenti che hanno beneficiato di Quota 100, Quota 102 o Quota 103 per andare anticipatamente in pensione di cumulare redditi da lavoro.

Secondo questa regola, coloro i quali sono usciti anticipatamente dal mondo del lavoro sfruttando una di queste misure di flessibilità non hanno la possibilità di riprendere eventualmente a lavorare prima di aver compiuto 67 anni, vale a dire l'età prevista per accedere alla pensione di vecchiaia, ad eccezione dei casi in cui si tratti di prestazioni di lavoro autonomo occasionale e con introiti inferiori ai 5mila euro lordi l'anno. Qualora si violi questa norma la pena è la restituzione delle cifre percepite a titolo di pensione dal beneficiario.

Ruolo di comparsa costato caro

C'è, tuttavia, un problema di fondo di non trascurabile rilevanza, dato che fin dal momento in cui la regola è entrata in vigore l'Inps non ha fatto distinzione tra i furbetti che hanno agito intenzionalmente con dolo e coloro che, con guadagni segnalati, hanno in buona fede lavorato per mettere insieme cifre spesso e volentieri irrisorie, talvolta nell'ordine di poche decine di euro. Sono numerosi i casi di pensionati che hanno percepito compensi inferiori ai 100 euro, regolarmente dichiarati, e si sono visti comunque costretti a restituire all'Istituto nazionale di previdenza sociale anche decine di migliaia di euro.

Caso emblematico quello di un pensionato di Vicenza a cui il ruolo di comparsa fatto in un telefilm nel 2020 è costato molto caro. L'uomo, che era andato in pensione con Quota 100, decise di partecipare nel ruolo di comparsa alla serie televisiva "Luce dei tuoi occhi" insieme ad alcuni amici: trascorse una giornata diversa in compagnia, e maturò un compenso di appena 78 euro lordi. Il compenso, dichiarato, venne a configurarsi come conseguenza di un lavoro di tipo subordinato: ecco perché l'Inps, venuto a conoscenza dei fatti, applicò le sanzioni previste dal decreto n.4 del 2019, poi convertito in legge n.26, recapitando al contribuente un "provvedimento di recupero delle somme percepite su pensione" per un importo complessivo di circa 24mila euro, con tanto di trattenute mensili.

Il contenzioso in tribunale

Per non perdere un anno di pensione, l'uomo ha chiesto aiuto agli avvocati Paola Piccoli e Alberto Righi. "Abbiamo sostenuto che tale esperienza di certo non può essere considerata un’attività di lavoro subordinato in senso stretto e non può essere considerata idonea, come invece sosteneva l’Inps, a violare il divieto di cumulo di pensione e reddito da lavoro dipendente imposto dal legislatore per i pensionati con Quota 100", ha spiegato Piccoli, come riferito dal Corriere della sera. "È quindi evidente che l’esperienza di comparire in una serie tv, come passante, in un’unica scena, un solo giorno non determina, a nostro avviso, né un reinserimento del ricorrente nel mondo del lavoro, né crea un pregiudizio al sistema di ricambio generazionale, con conseguente illegittimità del provvedimento dell’Inps", ha precisato ancora il legale.

La sentenza

Tali motivazioni hanno persuaso il giudice del lavoro Paolo Sartorello ad accogliere il ricorso dell'uomo, dal momento che"un’interpretazione conforme alla ratio della norma impone di considerare compatibili con l’erogazione della pensione ‘Quota 100’ redditi di irrisorio importo derivanti da prestazioni del tutto isolate, aventi carattere di specialità tali da differenziarle sostanzialmente dal tipico rapporto di lavoro subordinato".

Ciò significa che, pur configurandosi l'esperienza lavorativa da comparsa come rapporto di lavoro subordinato, il compenso è talmente poco rilevante da dover essere considerato non incompatibile con la pensione maturata con una misura di flessibilità (che sia come in

questo caso Quota 100 oppure Quota 102 o 103). La rivoluzionaria sentenza potrà costituire un importante precedente per tutti quei contribuenti che si sono trovati in una condizione simile a quella del pensionato vicentino.

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