Con l'inizio del 2025, i lavoratori italiani che andranno in pensione si troveranno a fare i conti con una leggera riduzione dell'importo del loro assegno mensile rispetto a chi è uscito dal mercato del lavoro nel 2024. Questa diminuzione non è attribuibile a interventi diretti del governo Meloni, bensì all'effetto della revisione biennale dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo, prevista dalla normativa previdenziale italiana.
Cosa sono i coefficienti di trasformazione?
I coefficienti di trasformazione sono parametri che traducono il montante contributivo accumulato durante la carriera lavorativa in un assegno pensionistico annuale. Essi vengono aggiornati ogni due anni dal Ministero del Lavoro per adeguarsi alle variazioni della speranza di vita. L'obiettivo è garantire la sostenibilità del sistema contributivo: più aumenta l'aspettativa di vita, più gli importi delle pensioni devono essere spalmati su un periodo più lungo, riducendo così l'importo annuo.
L'effetto sui pensionati del 2025
Nel 2025, per un lavoratore che va in pensione a 67 anni, il coefficiente di trasformazione applicabile sarà del 5,608%, rispetto al 5,723% valido fino al 31 dicembre 2024. Questo significa che a parità di montante contributivo, la pensione sarà circa il 2% più bassa. Per esempio:
- Un lavoratore con un montante contributivo di 200.000 euro vedrà il suo assegno annuo ridursi di circa 230 euro rispetto al 2024.
- Con un montante di 400.000 euro, la riduzione annua sarà di 460 euro.
- Per un montante di 500.000 euro, la perdita sale a 575 euro.
Secondo le stime della CGIL, un lavoratore con un reddito annuo di 30.000 euro e un montante contributivo corrispondente avrà nel 2025 una pensione lorda mensile di circa 1.225 euro, contro i 1.250 euro del collega uscito nel 2024. Questo si traduce in una perdita annua di oltre 326 euro e una perdita cumulata, considerando una vita media di circa 82,5 anni, superiore ai 5.000 euro.
Revisione dei coefficienti: un fenomeno strutturale
Dal 2009, quando la revisione dei coefficienti è stata introdotta con la riforma Dini e successivamente consolidata dalla riforma Fornero, i parametri sono stati aggiornati sette volte. L'unica eccezione a un trend generalmente al ribasso si è verificata nel biennio 2023-2024, quando i coefficienti sono aumentati temporaneamente a causa della riduzione della speranza di vita legata alla pandemia di Covid-19.
Un sistema iniquo?
La Cgil critica la rigidità del sistema, che applica una logica “media” senza tenere conto delle differenze nelle aspettative di vita tra diverse categorie di lavoratori. I dirigenti, ad esempio, vivono mediamente più a lungo rispetto ai lavoratori manuali, ma il sistema tratta tutti allo stesso modo. Questo, secondo il sindacato, rischia di penalizzare ulteriormente i giovani lavoratori che, avendo iniziato a versare contributi dopo il 1995, sono interamente soggetti al sistema contributivo puro.
L’adeguamento all'inflazione
Un piccolo sollievo per i pensionati in essere arriva dall'adeguamento all'inflazione, scattato anch'esso a gennaio 2025:
- Le pensioni fino a quattro volte il minimo (2.394,44 euro) beneficeranno di un aumento dello 0,8%.
- Quelle tra quattro e cinque volte il minimo vedranno un incremento dello 0,75%.
- Per gli assegni superiori a cinque volte il minimo, l'aumento sarà dello 0,6%.
Le ragioni di una scelta
La revisione dei coefficienti di trasformazione è fondamentale per mantenere l'equilibrio del sistema previdenziale italiano. Questo meccanismo, se da un lato comporta una riduzione degli importi degli assegni per i nuovi pensionati, dall'altro è fondamentale per contenere la spesa pensionistica complessiva.
Secondo i dati dell'Inps, negli ultimi cinque anni la spesa per le pensioni è aumentata del 19%, passando da 268 a 319 miliardi di euro.
Nel biennio 2023-2024, la spesa pensionistica in rapporto al Pil è stimata al 16,2%, un aumento rispetto agli anni precedenti. Le proiezioni del ministero dell’Economia indicano, ormai da anni, che il rapporto tra spesa pensionistica e Pil potrebbe raggiungere un picco del 17% nel 2040, per poi diminuire gradualmente, attestandosi al 16% nel 2050 e al 13,9% nel 2070. Questo andamento è influenzato da diversi fattori, tra cui l'invecchiamento della popolazione e le dinamiche del mercato del lavoro. Inoltre, le misure in deroga alla riforma Fornero, come "Quota 100" e "Quota 103", hanno avuto un impatto significativo sulla spesa pensionistica, con un costo complessivo stimato di circa 40 miliardi di euro.
In questo contesto, l'adeguamento dei coefficienti di trasformazione rappresenta uno strumento per garantire l'equilibrio finanziario del sistema pensionistico, distribuendo in modo più sostenibile le risorse disponibili e assicurando la tenuta del sistema nel lungo periodo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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