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Pensioni, Quota 41 o 103? Ecco cosa può cambiare

Il tema pensioni è sempre presente sul tavolo del governo: tra Quota 103 e 41, ecco la misura in "vantaggio" e quali saranno le proroghe per il 2023

Pensioni, Quota 41 o 103? Ecco cosa può cambiare

In attesa della riforma delle pensioni che avverrà il prossimo anno e prenderà il via in maniera definitiva nel 2024, il governo studia una soluzione "ponte" per il prossimo anno. Detto che non si vuole in alcun modo tornare alla legge Fornero e che Quota 102 è in scadenza il prossimo 31 dicembre, si fa un gran parlare di due possibili misure in entrata dal 1° gennaio una delle quali più probabile dell'altra per questioni prettamente economiche.

L'ipotesi Quota 103

Come abbiamo visto sul Giornale.it, è in "vantaggio" su tutte le altre Quota 103, ossia l'uscita dal mondo del lavoro con 41 anni di contributi e 62 d'età che prenderebbe il posto degli attuali 64 anni d'età e i 38 di versamenti. La scelta ricadrebbe soprattutto per i costi che, secondo l'Inps, costerebbe circa 7,6 miliardi nel momento in cui entrerebbe a regime (cioé dal terzo anno). La misura viene considerata fattibile ed equilibrata rispetto a tutte le altre che presentano criticità o meno consensi anche da parte dei sindacati.

Perché Quota 41 è improbabile

Pochi giorni fa, il sottosegretario all'Economia, Federico Freni, ha invece fatto riferimento a Quota 41, altra misura probabile ma più complicata da realizzare per l'esborso che lo Stato dovrebbe pagare: il primo anno costerebbe circa 4 miliardi di euro ma la cifra crescerebbe in maniera esponenziale fino a 10 miliardi nel 2029. In questo modo, le pensioni sarebbero raggiunte da tutti coloro raggiungerebbero la soglia di 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica. La soddisfazione era stata espressa anche dal segretario della Cisl, Luisi Sbarra, che aveva parlato di soluzione "condivisibile". Nelle ultime ore, però, la linea del "caro-prezzi" sembra prevalere anche su questo aspetto.

Le altre misure

In ogni caso, anche per il prossimo anno saranno prorogate misure già in vigore e che non verranno intaccate in alcun modo: si tratta dell'Ape Sociale e di Opzione Donna: nel primo caso saranno agevolate alcune categorie di lavoratori come i disoccupati, gli invalidi o quelli con lavori gravosi che potranno rititarsi a partire dall'età di 63 anni ma con un'anzianità lavorativa di 36. Opzione Donna darà la possibilità di ritirarsi dal mondo del lavoro al raggiungimento dei 35 anni di contributi ma bisognerà aver comunque compiuto i 58 anni (le lavoratrici dipendenti), 59 anni d'età per chi ha lavori autonomi ma, in entrambi i casi, la penalizzaizone sarà del 25-30% sull'assegno finale.

Non dimentichiamoci che,

indipendentemente da quali saranno i nuovi accordi, fino al 2026 si potrà andare in pensione avendo raggiunto i 42 anni e 10 mesi di anzianità (per le donne 41 anni e 10 mesi) a prescindere dall'età che si ha all'anagrafe.

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