Soffrire di patologie disabilitanti è una situazione drammatica che tocca tanto il malato quanto le persone a lui vicine. Il legislatore ha previsto una serie di misure di supporto economico, ossia forme di prepensionamento che è opportuno conoscere e che sono rivolte sia ai lavoratori sia a chi non si è mai affacciato al mondo del lavoro.
Il riferimento è il decreto legislativo 503/1992 il quale, con il tempo, è stato oggetto di diverse modifiche e che, con una certa regolarità, ritorna di attualità negli ambienti politici e governativi.
Il prepensionamento per patologie
Tutte le situazioni che danno accesso a sistemi di prepensionamento devono essere certificate da apposite commissioni mediche alle quali spetta il compito di stabilire il grado di invalidità del cittadino, seguendo una procedura che ne determina un punteggio. L’intervento di medici di base o specialisti ha un valore relativo, giacché l’ultima parola spetta alla Commissione medica dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps).
Il prepensionamento per patologie è possibile soltanto davanti a inconfutabili capacità lavorative ridotte a causa di malattie gravi, anche di ordine psicologico, psichiatrico o intellettivo. Sono quindi escluse malattie le quali – seppure debilitanti – sono temporanee.
Le norme prevedono diverse modalità di prepensionamento.
Pensione di vecchiaia anticipata
La pensione di vecchiaia anticipata, così come suggerisce il nome, è strumento per uscire dal mondo del lavoro prima di raggiungere i normali termini imposti dalle leggi. Si applica solo ai dipendenti del comparto privato e sottostà a requisiti specifici:
Handicap pari o superiore all’80%
61 anni di età anagrafica per gli uomini, 56 anni di età per le donne
Almeno 20 anni di contributi
La liquidazione della pensione prevede un periodo di attesa di 12 mesi a partire dal momento in cui i requisiti di accesso sono maturati.
Ape sociale
Hanno diritto all'anticipo pensionistico – ossia all’Ape sociale – i cittadini con un’invalidità di almeno il 74%, requisito che deve fare il paio con l’età anagrafica di 63 anni e 30 anni di contributi versati all’Inps.
Nel caso in cui la patologia corrisponda con un’incapacità lavorativa almeno del 75% scattano agevolazioni relative al versamento dei contributi: per ogni anno di lavoro effettivo, al richiedente vengono riconosciuti due mesi di contributi aggiuntivi per un periodo massimo di cinque anni dal momento in cui gli è stata concessa l’invalidità.
È un aspetto di rilievo, giacché l’Ape sociale è di fatto una forma di accompagnamento alla pensione.
Invalidità e inabilità al lavoro
Invalidità e inabilità sono concetti differenti che originano misure allineate tra loro.
Chi soffre di un’invalidità superiore al 66% ha diritto all’assegno di invalidità ordinario se ha accumulato almeno cinque anni di contribuzione, tre dei quali versati durante i cinque anni precedenti. Altrettanto vale per i cittadini del tutto inabili al lavoro. In questo caso però il beneficiario non può svolgere attività lavorative di nessun tipo perché, di fatto, viene riconosciuto inabile al lavoro al 100%.
I contributi devono essere amministrati dall’Inps e che devono essere stati versati da lavoratori privati, pubblici o autonomi.
Il prepensionamento per chi non ha versato contributi
Il legislatore ha pensato anche a chi non ha mai accumulato contributi previdenziali, tipicamente quei cittadini che sono nati con un handicap o ai quali sono state diagnosticate patologie prima di affacciarsi al mondo del lavoro. Costoro possono fare affidamento su:
Una pensione di invalidità civile per invalidità almeno del 74%
Una pensione di inabilità civile per invalidità del 100%.
Sono previste anche prestazioni assistenziali supplementari a seconda dell’età e della patologia del cittadino, tipicamente riconosciute a sordi, muti, ciechi, minorenni e persone non autosufficienti.
Prepensionamento per depressione
Anche diverse forme di depressione possono condurre all’invalidità. L’Inps riconosce diverse formule di invalidità, sia di ordine endoreattive (dipendenti da traumi somatici o psichici) sia di ordine endogene (senza cause organiche evidenti). Queste i parametri attuati:
Sindrome depressiva endoreattiva lieve, 10%
Sindrome depressiva endoreattiva media, 25%
Sindrome depressiva endoreattiva grave, dal 31% al 40%.
Sindrome depressiva endogena lieve, 30%
Sindrome depressiva endogena media, dal 41% al 50%
Sindrome depressiva endogena grave, dal 71% all’80%.
Soffrire di depressione porta a tre soluzioni pensionistiche a seconda dei casi, ossia la pensione di vecchiaia anticipata, alla pensione di inabilità per depressione e all’assegno di accompagnamento, riconosciuto laddove il cittadino è dichiarato invalido al 100% e non autosufficiente.
Come inoltrare una domanda di invalidità
La procedura è una e contempla ogni forma di invalidità riconosciuta dall’Inps. Si snoda attraverso tre fasi:
Occorre richiedere al proprio medico un certificato che invierà all’Inps e nel quale indica le patologie che affliggono il cittadino e l’eventuale mancanza di autosufficienza
Parallelamente il cittadino deve inviare all’Inps una domanda di invalidità, cosa che può essere fatta attraverso al portale web dell’Inps al quale si accede mediante Spid, Cie o Cns o, in alternativa, attraverso il Contact center raggiungibile ai numeri di telefono 803 164 (da rete fissa) oppure 06 164 164 (da cellulare). È possibile avvalersi della collaborazione di un patronato
In seguito, subentra la Commissione medica che convoca il richiedente, ne esamina la situazione e determina la percentuale di invalidità, riconosce l’handicap e statuisce in materia della sua autosufficienza
Il verbale della Commissione medica può essere impugnato nei termini e nei modi indicati nel verbale stesso che, l'Inps, invierà al richiedente con raccomandata e scaricabile anche dal sito ufficiale accedendo con le proprie credenziali.
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