da Venezia
La notizia dell'Ansa, ripresa da La Nazione, viene battuta alle 13.09. Neanche cinque minuti prima Paolo Benvenuti e Paola Baroni hanno finito di presentare alla stampa il loro Puccini e la fanciulla. Agitazione ai piani alti della Mostra. Il Tribunale di Milano, su richiesta di Simonetta Puccini, nipote ed erede del grande compositore (1858-1924), avrebbe disposto il blocco della proiezione in Sala Grande prevista per le 17. Sembra l'estremo approdo di una controversia che va avanti da mesi, a colpi di carte bollate, con la Puccini decisa a boicottare il film («per l'idea, che non mi piace, soprattutto per il polverone di notizie scandalistiche non provate») e Benvenuti dispiaciuto dall'infittirsi delle polemiche («una montatura degli avvocati della signora, io non racconto balle, solo fatti storicamente accertati»). Alla fine, non essendo pervenuta al direttore Müller l'ordinanza del giudice emessa martedì, Puccini e la fanciulla ha avuta la sua prima mondiale qui alla Mostra.
Meno male, perché davvero trattasi di tempesta in un bicchier d'acqua, anche se, in controluce, si intravedono sostanziosi motivi legati ai diritti musicali e all'eventuale presenza di un secondo erede. Il regista di Confortorio, pisano, allievo dei Taviani, gran cultore di Dreyer, fa film raffinati, da festival, che si nutrono di storia, anche scomoda, rielaborando in chiave poetica la ricerca sulle fonti.
Nel caso di Puccini il presunto «scandalo» riguarda la vicenda della servetta Doria Manfredi, accusata ingiustamente, nel 1908, d'essere l'amante del Maestro. Già avanti con gli anni, ma sempre sensibile al fascino muliebre, Puccini, chiuso nella villa di Torre del Lago, sta componendo una delle sue opere più moderne e controverse, La fanciulla del West. La povera Doria, schiantata dai sospetti, viene licenziata dall'arcigna moglie Elvira, la comunità la ripudia, perfino il prete non le concede l'ostia della comunione. Morirà suicida, di veleno, ancora vergine. In realtà un'amante c'è: ma si chiama Giulia, cugina di Doria, bella figliola con velleità da cantante, sarà lei a ispirare il personaggio di Minnie. Suo padre gestisce uno chalet sul lago dove Puccini volentieri si ferma a giocare a carte. La liaison andrà avanti fino al 1922, ne nascerà anche un figlio «illegittimo».
Il film è senza dialoghi ma non muto, anzi frutto di un prezioso lavoro sull'impianto sonoro, per restituire i rumori del tempo. La voce accompagna solo la lettura di alcune lettere. E proprio su quella lettere, paraltro già note, s'è accesa la querelle. Simonetta Puccini temeva, senza aver visto il film, che Benvenuti rivelasse il carteggio con Giulia. Benvenuti risponde: «La signora si informi. Quella scena non c'è, non c'è mai stata. A questo punto saremo noi a fare una controdenuncia verso chi ci accusa ingiustamente. Abbiamo compiuto un lavoro attento e filologicamente corretto».
Niente a che fare, ovviamente, con il Puccini televisivo che sarà incarnato da Alessio Boni. Benvenuti si affida ad attori non professionisti, chiama il compositore Riccardo J. Moretti a incarnare l'autore della Bohème, confidando su una somiglianza impressionate confermata dalle immagini in bianco e nero provenienti da un filmato dell'epoca ritrovato dal regista dentro una valigia dimenticata (arrivano dopo i titoli di coda). Spiega Benvenuti: «A scanso di equivoci, non è un film su Puccini. Ma su Doria Manfredi, la sua cameriera suicida. Sui rapporti di classe all'interno di quel mondo.
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