Ricominciamo da Roberto. È il grido di speranza che risuona tra i ranghi della sinistra italiana. Dico Roberto uno e trino, inteso come Saviano, come Benigni e come Vecchioni. La svolta robertaria della sinistra italiana fu lanciata su la Repubblica da Barbara Spinelli, poi è divenuto un tam tam. Antonio Polito gli ha dedicato un sagace commento. Michele Serra ha suonato la carica dei roberti contro l’egemonia dei cinici e per ritorcere l’accusa di radical chic sulla destra, riscoprendo a sinistra il nazional-popolare televisivo. Capisco, per carità, la disperazione del momento: nella notte dei leader e delle idee anche una voce fuggita dalla tv può dar conforto a una sinistra spaesata, persino Sanremo. Prossima tappa per il risveglio della sinistra italiana Miss Italia? No, lasciamo stare l’ironia,proviamo a capire partendo da un paradosso cornuto, a due punte. Dunque, in Italia si sono verificate due cose strane: da una parte un ceto politico di professione e di lungo corso è stato sconfitto dall’antipolitico per eccellenza, Silvio Berlusconi. E dall’altra parte il re della televisione, lo stesso Berlusconi, viene accoppato proprio nel suo regno televisivo dal Roberto a tre teste di cui dicevamo e da una miriade di programmi televisivi che lo attaccano. Entro nel dettaglio dei due corni. Veltroni, D’Alema, e prima di loro Occhetto, Rutelli, Casini e Fini, e potrei continuare a lungo, hanno perso la loro partita col Cavaliere o, se alleati, sono fuggiti da lui. Gli unici che hanno resistito a Berlusconi sono stati tra gli avversari il non politico Prodi e l’antipolitico Di Pietro,e tra i suoi alleati il non politico Tremonti e l’antipolitico Bossi. Ma per una beffa del destino, lo stesso re della tv subisce l’egemonia televisiva dei suoi oppositori, da Benigni a Santoro, da Saviano a Fazio, da Floris alla satira; lui che ha inventato la tv commerciale di successo in Italia, lui che ha in mano tante tv e tanta editoria, non ha allevato, formato, valorizzato una generazione alternativa. Le alternative restano ancora due fuoriclasse dell’era preberlusconiana al governo, Ferrara e Sgarbi. Ora rilanciati in video.
Per sintetizzare la partita doppia che si sta giocando nel nostro Paese diciamo che chi detiene l’hardware della politica o della tv non detiene il software; e viceversa. I tenutari della politica non governano la politica e i proprietari della tv non governano la tv. Chi dispone dei contenitori non dispone dei contenuti, e viceversa. Se vogliamo, abbiamo raggiunto per vie perverse un equilibrio di poteri quasi liberale. Però se passiamo dalla descrizione del paesaggio alle prospettive politiche del futuro, il discorso assume un’altra piega.Non c’è nessuna ragione per considerare l’essenza del messaggio civile e sentimentale dei tre roberti un monopolio politico e ideologico della sinistra. La lotta alla criminalità organizzata, la difesa dell’amor patrio e della tradizione culturale italiana,il racconto d’amore di una canzone, non possono essere branditi come argomenti di parte o addirittura di esclusiva pertinenza della sinistra.Non ho difficoltà a riconoscermi nell’essenza di questi messaggi; posso criticare la loro cornice, posso contestare come sono stati farciti, ma non ho nessuna intenzione di lasciare l’amor patrio, la difesa dantesca dell’Italia, la guerra alla malavita e i sentimenti d’amore all’uso politico di parte,e di quella parte. E tantomeno posso accettare che cose in cui credo da una vita debbano essere usate contro di me e chi la pensa come me. Sono parte del mio, e penso del vostro dna, della mia cultura, della mia sensibilità, della mia vita. E non sono disposto ad accettare la riduzione infame che taluni fanno mettendo in alternativa la preferenza per il centro-destra o per Berlusconi a tutto questo. Leggo persino una bestemmia storica su la Repubblica : «Il Risorgimento è di sinistra». Non mi sognerei mai di direl’inverso, non sarebbe serio e non voglio dimezzare il Risorgimento, tirandolo di qua o di là.
Allora mi affaccio sul futuro e dico che sarà necessario ripensare la politica, ritrovare la passione civile e perfino ideale verso valori positivi, perché non si può far politica solo vomitando contro. E non si possono mendicare appelli, messaggi civili e contenuti etici da comici e cantanti. I «messaggi» di Benigni, di Vecchioni e di Saviano dovrebbero far parte dei valori condivisi: un tempo ordine e legalità, amor patrio e difesa della tradizione, importanza dei sentimenti intimi, erano valori pubblici e privati «di destra». Oggi capisco che possano diventare di tutti, o quasi.E nonostante l’uso strumentale che se ne fa, me ne rallegro.
Sarebbe bello che fossero davvero di tutti per superare questo odioso razzismo che monta nel Paese. Poi su quel terreno comune ognuno pianterà e coltiverà i suoi frutti preferiti.L’Italia è di chi la ama,non di chi odia suo tramite.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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