Alle 18.30 le poche sedie della libreria Feltrinelli di piazza Piemonte a Milano sono occupate e cè qualcuno in piedi appoggiato agli scaffali. Quasi puntuali arrivano Enrico Deaglio e Paolo Mereghetti che presenteranno il cofanetto che contiene un libro e il docufilm satirico Forza Italia! col regista Roberto Faenza. Il pubblico è composto in gran parte da pensionati, visti gli orari assurdi delle presentazioni. Il titolo causa confusione e basta chiedere in giro: «Parla di Berlusconi?», per rendersene conto. Una donna sui sessanta e un uomo sui trenta hanno opinioni contrastanti. Ha ragione la donna. Ma il trentenne persiste a credere che il film, riproposto in dvd dalla Rizzoli a 28 anni dalluscita, abbia come tema il presente.
Il soggetto dunque non è Berlusconi. Però tutti si aspettano che se ne parli. E i riferimenti antiberlusconiani non mancano, ma Faenza è piuttosto critico nei confronti della sinistra: «Il film mancava di protezioni politiche ed era destinato a essere fatto a pezzi. Dai democristiani presi di mira nei trentanni del loro governo. Dal Pci perché contrastava il clima da compromesso storico. LUnità fece una recensione in cui venivamo accusati di fascismo, qualunquismo e diede il la al sequestro. Il rapimento di Moro fece il resto». Mereghetti rincara la dose: «Forza Italia è un film molto in anticipo sulla satira politica alla Michael Moore, fatto con materiale televisivo edito e inedito. Cerano stati film militanti ma erano robacce di propaganda marxista come quelle di Bernardo Bertolucci e Marco Bellocchio». Deaglio, che ai tempi era al quotidiano Lc, può rivendicare una recensione elogiativa. E rivela che, dopo avere rivisto il film, nella redazione di Diario, circolava una nostalgia scatenata dai cappottoni, dalle montature degli occhiali, dallo stile politico di De Gasperi e soci. Arriva il momento delle domande del pubblico e il livello di confusione appare alto se un attore, tale Emanuele Carlo Ostuni, si rivolge a Faenza così: «Dottor Ferrara». Poi si scusa («Ferrara, Faenza sempre nomi di città sono») e riempie di auguri pelosi il regista proponendosi come interprete dei suoi prossimi film. Il discorso si sposta sulla Rai. Faenza la indica come Male Assoluto, paradigma dello sfacelo di un Paese «che spende miliardi di vecchie lire per educare i ragazzi alla mattina a scuola e altrettanti la sera per diseducarli con la tv. La situazione non è destinata a cambiare se vincerà Prodi». Una signora del pubblico si fa portare il microfono e dissente. Faenza ribatte dicendo che vuole proprio vedere se dopo la vittoria dellUnione si potrà fare satira sui politici del centrosinistra: «Io di certo non mi proverò a farla perché dopo il sequestro di Forza Italia ho dovuto lavorare allestero per ventanni e non ci tengo a mettermi di nuovo nei guai».
Ci si trasferisce al piano superiore per vedere qualche spezzone del dvd. Faenza chiede che si veda la scena della telefonata tra Carlo Donat Cattin e Mariano Rumor dove si sentono molte parolacce. Finalmente viene trovata ma la telefonata si snocciola senza improperi. La gente ride lo stesso perché a Rumor, nomen omen, scappa una scoreggia.
Resta un dubbio sospeso, da dove viene il titolo? «Da unesortazione di De Gasperi.
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