Complotti, tasse e insulti: Monti di guai per la Chiesa

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Solo che qualche volta anche alla Chiesa capita di non indovinare tutte le mosse, tanto da andare a sbattere contro la casella «imprevisti». I vescovi italiani si sono ritrovati con le case tassate e i giornali di casa chiusi per editto sulla rete di famiglia, Raiuno. L’idea di giubilare il Cav per Monti non è stata un grande affare.
I giorni di Todi sono molto lontani, quando Bagnasco evocava un tecnico per esorcizzare il governo Berlusconi. Era il 18 ottobre e Monti era solo un’idea come tante nella testa di Napolitano. Quel giorno Bagnasco, davanti a tutte le associazioni cattoliche, faceva capire che il Cavaliere era un uomo solo. Sconfessione. Bisognava puntare su qualcosa di nuovo, magari un partito in grado di recuperare la diaspora politica dei cattolici. Non proprio una nuova Dc, ma quasi. Insomma, una balenottera bianca pronta a ingrassare in fretta. Questo si diceva allora. Questo, si dice, sussurrassero i vescovi.
Quando è arrivato l’inverno Bagnasco ha cominciato a capire che il loden nascondeva brutte notizie. Monti, con i suoi sorrisi sornioni, non stava giocando per la nuova Dc. Quella del professore è una scommessa personale da condividere semmai con il Quirinale. L’ultima conferma è arrivata con la storia della tassa sulla casa. Chi per mestiere ascolta le voci che arrivano dal Vaticano spiffera che l’idea di colpire anche gli immobili della Chiesa sia stato un colpo inatteso. Lì, al di là del Tevere, non ne sapevano quasi nulla e hanno appreso la novità piuttosto «indispettiti». Il tutto vissuto come un tradimento. Un brutto colpo, insomma. Se l’era Monti poteva apparire come l’annuncio di una risurrezione del partito dei cattolici ora non c’è alcun dubbio che i conti dei vescovi siano parecchio sbagliati.
Questo governo non parla la stessa lingua di Bagnasco. Non si capiscono. Non si prendono. Tanto che più di qualcuno rimpiange i tempi in cui a fare da interprete tra le gerarchie ecclesiastiche e Palazzo Chigi c’era Gianni Letta. Meno male che per ora i tecnici non hanno alcuna intenzione di interessarsi di temi etici, perché per il resto i vescovi si ritrovano spiazzati e a bocca aperta.
Inaspettato è anche il tradimento dei «santi». Tutto uno si poteva aspettare a Sanremo tranne che il devoto Celentano si mettesse a fare il predicatore, incensando don Gallo e invocando la chiusura per maledizione divina di Avvenire e Famiglia Cristiana. Con la Rai che si imbarazza ma non riesce a fermarlo, con un clima in giro che ricorda certe stagioni da mangiapreti, con la difficoltà dei vescovi a pesare nel dibattito pubblico.

Come ha detto Bagnasco qualche giorno fa: «I conti a posto non salvano l’uomo». E soprattutto non mettono al riparo la Chiesa dal primo molleggiato che passa e gioca a fare il Savonarola in versione tardo rock. L’impressione è che da Todi sia partita una preghiera sbagliata. Amen.

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