Consob «chiama» i pm sulla partita Ifil-Exor

Al centro delle indagini le comunicazioni fatte al mercato a fine agosto

Pierluigi Bonora

nostro inviato a Torino

La Consob passa tutti gli incartamenti alla magistratura. Ieri sera, dopo un’istruttoria durata cinque mesi, durante i quali sono stati passati al setaccio atti e documenti transitati all’estero (soprattutto in Lussemburgo), l’Autorità ha emesso il verdetto sulla complessa operazione finanziaria tra Ifil, Exor e Merril Lynch che ha consentito alla holding della famiglia Agnelli di mantenere il controllo della Fiat.
L’Autorità, si legge in una nota, non ha inoltre rilevato alcun obbligo di Opa. La trasmissione degli atti ai giudici di Milano e Torino che già avevano acceso i riflettori sulla regolarità dell’equity swap, riguarda ora eventuali reati informativi sui quali i pm delle due procure attendevano i risultati dell’istruttoria. Per gli uomini di Lamberto Cardia, però, il lavoro non è ancora concluso. Alla Consob, infatti, inizierà ora un nuovo percorso che potrebbe portare alla definizione di sanzioni amministrative a carico della holding torinese. «Al termine dell’indagine - puntualizza infatti l’organo di vigilanza della Borsa - la Consob ha trasmesso alla magistratura relazioni in merito ai vari aspetti della vicenda, corredate della documentazione raccolta nel corso degli accertamenti, anche al fine di corrispondere a richieste pervenute dalla stessa autorità giudiziaria». Il nodo che i giudici dovranno sciogliere, in collaborazione con i colleghi di Torino, riguarderebbe la sussistenza o meno del reato di manipolazione informativa.
Le ipotesi sulla base delle quali i pm avevano avviato inizialmente gli accertamenti riguardavano il possibile ostacolo alle attività degli organi di vigilanza e la possibilità che il mercato non fosse stato informato delle manovre che hanno coinvolto Fiat, Ifil ed Exor. La vicenda parte da lontano, dall’aprile dello scorso anno. Ifil aveva acquistato da Exor (controllata per il 70,45% della Giovanni Agnelli Sapa) 82 milioni e 250mila azioni ordinarie per 535 milioni. Exor le aveva avute da Merrill Lynch, a seguito di un’operazione finanziaria (per l’appunto equity swap) pattuita in aprile. Il prezzo di cessione era di 6,5 euro per azione, inferiore al valore di Borsa di quel periodo (7,82), ma soprattutto a quello fissato per le otto banche del convertendo (10,28). Peraltro, per mantenere invariata la propria quota, la finanziaria aveva anche acquistato direttamente sul mercato 5,5 milioni di titoli tra il 7 e il 9 settembre per complessivi 41 milioni. L’operazione aveva così consentito a Ifil e alla famiglia Agnelli di mantenere la presa su Fiat e rimanere sopra la soglia fatidica del 30% (30,06%), anche dopo l’ingresso delle banche attraverso la conversione del prestito da 3 miliardi. L’operazione stessa era stata definita da Ifil un investimento a prezzi vantaggiosi per cogliere «un’opportunità irripetibile» e mantenere la quota in Fiat scommettendo «sul rilancio del gruppo».
Il contratto realizzato dalla Exor è nato in aprile come puro strumento finanziario (un equity swap su 90 milioni di azioni Fiat), congegnato per scommettere sulla ripresa delle quotazioni Fiat, spiegò successivamente Ifil. Solo il 15 settembre l’accordo con Merrill Lynch, informò la Sapa, è stato modificato, decidendo di chiudere l’operazione con la consegna di 82 milioni 250mila azioni Fiat sottostanti il contratto e non, come solitamente previsto in derivati di questo genere, con il pagamento del corrispettivo economico previsto al termine di tale scommessa. Questi titoli sono stati dapprima pagati dalla Exor a Merrill a 5,6 euro l’uno e poi rigirati alla Ifil a 6,5 euro per azione. L’operazione aveva destato perplessità soprattutto per la tempistica, visti da un lato i contratti siglati in aprile e dall’altro i successivi comunicati diffusi su richiesta Consob dalla Giovanni Agnelli e dall’Ifil.

Ma a fine estate entrambe, all’indomani di alcune indiscrezioni riportate dal Giornale a proposito di movimenti sull’azione Fiat, avevano comunque escluso ogni «iniziativa in relazione alla scadenza del prestito convertendo», precisando di non aver «alcun elemento utile» a spiegare l’andamento del titolo sul mercato. E proprio su questi ultimi elementi si sarebbe concentrato il dossier che Consob ha inviato alla Procura.

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