"Il Corridoio Vasariano è un rettilineo per tutti"

Domani riapre il percorso sopraelevato fiorentino. Il direttore degli Uffizi Simone Verde: "Un'opera straordinaria"

"Il Corridoio Vasariano è un rettilineo per tutti"
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«Questo primo anno? Impegnativo, ma di impressionante crescita anche personale». Si chiude così la nostra chiacchierata telefonica con il direttore degli Uffizi Simone Verde, uno che ama dire le cose come stanno. Leggera inflessione che tradisce le origini romane, 49 anni, iperattivo e colto, Verde è, tra i direttori nominati dal Mic un anno fa, quello che ha raccolto l'eredità più pesante: gli Uffizi sono il terzo museo più visitato d'Italia, con oltre 5 milioni di ingressi e 48 milioni di incassi. Forte della reputazione guadagnata prima al Louvre di Abu Dhabi e poi per aver ridisegnato gli spazi della Pilotta di Parma, Verde è arrivato a Firenze con un'idea precisa in testa: rendere gli Uffizi meglio fruibili al pubblico.

Direttore, domani riapre il Corridoio Vasariano: perché è una novità importante?

«Per la prima volta nella storia è aperto a tutti. Prima vi si accedeva solo per appuntamento e in casi particolari: ora chiunque, con un'integrazione al normale biglietto d'ingresso, potrà camminare in questa straordinaria opera architettonica».

Che cosa vedremo?

«Lo vedremo vuoto così come è stato per oltre un secolo dalla sua costruzione prima che venisse usato come ricetto per collezioni di vario genere. Ha una magnificenza che ha pochi eguali. È uno spazio-simbolo importante, una sorta di ponte connettivo che unisce la residenza di Palazzo Pitti agli uffici, il centro del potere vicino a Palazzo Vecchio».

Resterà vuoto?

«Stiamo lavorando al riallestimento: non posso aggiungere altro».

Non è l'unico cantiere aperto agli Uffizi.

«Non dimentichiamoci che il complesso museale comprende anche Palazzo Pitti, l'immensa residenza dei Medici poi degli Asburgo-Lorena e dei Savoia, e il rinascimentale Giardino di Boboli: è stata indetta una gara di 15 milioni di euro per il recupero dell'anfiteatro e per il restauro e il ripristino di giochi d'acqua e fontane per ricrearne il volto originario. Lavoriamo per offrire al pubblico l'idea e l'esperienza dell'unitarietà del complesso degli Uffizi, di Pitti e di Boboli».

Che cosa rappresentano gli Uffizi nel sistema museale nazionale e internazionale?

«Una vetrina di autorevolezza ed efficienza del nostro Paese. Ogni anno, cinque milioni di persone passano di qui ed escono portandosi a casa un'immagine dell'Italia che anche il nostro museo contribuisce a diffondere. È una grande responsabilità».

Com'è possibile rendere godibile la visita di un museo così ricco?

«I musei devono essere prima di tutto accessibili. Abbiamo lavorato al riallestimento di alcune sale per renderle più coerenti e chiare: non significa che devono esserci meno opere in ogni sala, ma che queste devono essere ben allestite per essere meglio godute da un pubblico spesso digiuno di storia dell'arte, ma cui non fa certo difetto la capacità di percepire la potenza estetica di un'opera».

Si parla spesso di museum fatigue, la fatica del pubblico a tollerare musei troppo ampi e complessi: che cosa ne pensa?

«Si è abbassata la nostra soglia di attenzione. Oggi i musei richiedono un lavoro raffinato e sfidante, sia per la museografia che per la mediazione: non prendiamo le difficoltà del contemporaneo come una condanna, ma come uno stimolo. I musei, luoghi del pluralismo culturale, danno la possibilità alle persone di entrare in dimensioni alternative rispetto a quelle che frequentano di solito. Un museo funziona quando riesce a far percepire questa sospensione dall'esperienza ordinaria e a portare il visitatore in un tempo altro».

Compito arduo in una città come Firenze: gli Uffizi non sono troppo spesso solo una delle tappe di un forsennato tour culturale?

«Non è solo un problema nostro: a causa del clima internazionale, il turismo ha eliminato dalla sua geografia alcuni luoghi favorendo un incremento di presenze nel nostro Paese. Dobbiamo impegnarci ad accogliere al meglio il visitatore: per questo uno dei miei primi interventi è stata l'introduzione del ticket digitale che ha smaltito parecchia fila. C'è ancora molto da fare: uno dei cantieri per il 2025 riguarderà un nuovo e più ampio ingresso, nell'area dove oggi c'è il bookshop».

Quanto tempo serve per vedere bene gli Uffizi?

«Penso che un museo valga una visita anche solo per vedere o

rivedere una singola opera. L'iniziazione alla collezione degli Uffizi è impegnativa: è normale che la prima volta il visitatore si senta sopraffatto. Servirebbe almeno un giorno e mezzo per apprezzare tutta la collezione».

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