Da ieri Giuseppe Rotelli, azionista del Corriere della Sera tramite una quota che vale fino all’11% del capitale di Rcs, è entrato nel cda della società che controlla il primo quotidiano del Paese. E subito la sua presenza si è fatta notare: non ha votato a favore del piano industriale presentato dall’ad Antonello Perricone, che ha ricevuto l’assenso di tutti i consiglieri, tranne il suo e quello di Diego Della Valle. Rotelli ha avuto giuoco facile nello spiegare la mossa: essendo entrato nel consiglio da poche ore, non poteva non fare così. Ma il gesto resta un segnale scomodo, perché è «scomodamente » che Rotelli intende sedersi nella poltrona che occupa da ieri. Ed è da qui che bisogna partire per provare a spiegare i sommovimenti in corso in Via Solferino.
Rotelli, a capo di un colosso ospedaliero, è considerato vicino al centro destra e a Silvio Berlusconi in particolare. Un suo top manager, Roberto Cerioli, da un anno siede al vertice degli industriali brianzoli. In Rcs ha risolto un problema non da poco, rilevando 5 anni fa le quote rivenienti dalla stagione dei furbetti. Ci ha investito qualche decina di milioni e ha fatto un favore un po’ a tutti:da Gianni Bazoli,il presidente di Intesa che lo aveva individuato, a Cesare Geronzi, presidente di Generali, a cui si è avvicinato successivamente. Ma a nulla è servito: nessuno lo ha invitato nel patto di sindacato che controlla il 63,5% di Rcs. Né nel board della Quotidiani, che da po’ ha incrementato il suo peso specifico. Per questo la decisione di Rotelli di sostituire il suo uomo - l’avvocato Marco De Luca che era stato nominato nel cda come prima scelta della lista di minoranza - ha il sapore di una discesa in campo più diretta. Proprio per segnare, anche con scelte scomode, la propria presenza nel board e nel capitale. Se e come questa posizione verrà poi giocata nel rimescolamento di alleanze tra poteri forti che si intravvede all’orizzonte, si vedrà. Di certo il momento è quello giusto.
Lo dimostrano diversi elementi. Per esempio la seconda astensione di ieri: Della Valle, dopo aver litigato platealmente con Geronzi in un cda delle Generali, segna un secondo punto di «distinzione» nel giro di pochi giorni. Un altro segnale di insofferenza interno al condominio Rcs. Lanciato forse non a caso da un amico di Luca di Montezemolo a poche settimane dall’uscita dell’ex presidente Fiat anche da Rcs. E siamo al secondo punto: la minore forza, rispetto al passato, dei due maggiori soci del patto. Fiat, appunto, che senza Montezemolo e con Sergio Marchionne sembra ben distante da un certo modo di intendere la presenza nei media; e Mediobanca, che con il trasloco di Geronzi a Trieste, potrebbe pensare di fare sempre più la banca d’affari e sempre meno la camera di compensazione finanziaria dei grandi poteri. Qualche pensiero ce l’hanno anche Bazoli e Corrado Passera, e siamo al quarto punto, che proprio ieri hanno appreso che il Crédit Agricole - banca francese strategica negli equilibri di Intesa - ha deciso che la quota del 4,79% non è più strategica.
E che queste sabbie mobili siano la cifra del Corriere di questo periodo, lo si ritrova sulle pagine del quotidiano.
Che con la direzione De Bortoli bis ha saputo portare attacchi abbastanza irrituali ( è capitato a Passera, Ligresti, Tronchetti, Marchionne) a un establishment che era sempre stato più tutelato. Segno che si aprono nuovi spazi, per nuovi equilibri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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