La corsa dei prefetti: vince chi caccia il primo rom

Appena il decreto è entrato in vigore Milano e Roma hanno fatto scattare i primi provvedimenti. Ma i numeri si annunciano irrisori rispetto all’emergenza. Controlli a tappeto nei campi nomadi di tutt’Italia Cinquemila nomi nella lista dei criminali pericolosi

La corsa dei prefetti: vince chi caccia il primo rom

E ora avanti con le espulsioni, naturalmente immediate e soprattutto mediatiche. Il decreto è entrato in vigore alle 17.31, un minuto dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. E alle 18.03 il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi ha annunciato i primi provvedimenti. Per un romeno? Macché per quattro. Nel capoluogo lombardo hanno pensato a tutto: sin dal mattino l’Ufficio del giudice di Pace aveva predisposto un’unità speciale, composta oltre che dal magistrato che ha convalidato l’ordine di allontanamento, da un interprete, da un difensore d’ufficio e da un cancelliere. Un comportamento esemplare e che certo farà piacere ai milanesi: 32 minuti per ottenere Giustizia.
Milano, peraltro, ha battuto tutti. Anche Roma, che nel pomeriggio un romeno da espellere lo aveva trovato, ma poi ha perso tempo, nonostante gli annunci del prefetto Carlo Mosca. Spettacolari, come i «controlli battenti» nei campi nomadi di Firenze; il fermo di decine di romeni a Torino; le riunioni straordinarie delle forze dell’ordine a Perugia. E giù raffiche di cifre: sarebbero cinquemila i rom che potrebbero essere espulsi rapidamente, di cui 1400 a Milano, già censiti dai vigili urbani; cento addirittura entro pochi giorni.
Bene, benissimo. O forse, no; perché queste sono comunque cifre ridicole in rapporto ai quasi 600mila nomadi e romeni immigrati nel nostro Paese. E perché è improbabile che l’Italia si trasformi improvvisamente in un Paese autorevole come la Francia o la Germania, dove le leggi - soprattutto quelle sulla sicurezza - vengono fatte rispettare. Sempre; e non solo dopo una violenza da incubo. Questa, invece, sembra l’ennesima storia all’italiana. Oggi siamo alla «tolleranza zero», ma passata l’emergenza, placato il rancore dell’opinione pubblica, tutto tornerà più o meno come prima.
D’altronde basta leggerlo il decreto: è vero che conferisce al prefetto poteri straordinari di espulsione, ma solo «per esigenze imperative di ordine pubblico» e dunque non può essere applicato nei confronti dei cittadini comunitari che non sono in grado di mantenersi, come previsto da una direttiva Ue. Questa clausola, che era davvero urgente, continua a dormire nel disegno di legge e chissà quando verrà approvata dal Parlamento.
Naturalmente il questore da solo non basta, è necessaria la convalida del giudice di pace. Ieri è arrivata istantaneamente. Ma tra venti giorni? Fino a quando verrà rispettato il termine di 48 ore previsto dal decreto? I nostri tribunali dovrebbero rendere permanenti task-force per le espulsioni. Perché in realtà i rom e i romeni da espellere non sono cinquemila, ma molti di più, visto che, secondo le statistiche del Viminale, primeggiano per omicidi volontari, violenze sessuali, estorsioni e sono secondi o terzi per lesioni dolose, furti nelle case, scippi. Considerato lo stato della nostra Giustizia l’ipotesi di un servizio espulsioni a tempo indeterminato è inverosimile.
E siamo certi che verranno messi sul primo volo disponibile? Ieri sera a Milano sì; ma il decreto concede un mese di tempo per attuare il provvedimento. Insomma, il romeno espulso potrà stare 30 giorni in un Centro di permanenza temporanea.

E forse non partire mai; perché la maggior parte degli stranieri che hanno ricevuto il foglio di via resta. E quando partono, i romeni tornano subito. Perché i controlli non sono credibili; perché l’Italia non è la Francia e nemmeno la Germania.
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