«Così portammo a Firenze Socrates, il tacco di Dio"

Il direttore sportivo della Fiorentina del 1984, Tito Corsi, ricorda la parentesi fiorentina del capitano di un mitico Brasile, morto ieri all'età di 57 anni. L'aneddoto: "Si presentò all'allenamento coi guanti, ci furono fiumi di inchiostro. Oggi lo fanno tutti"

Un mito, nonostante il calcio. Socrates Brasileiro Sampaio De Souza Vieira De Oliveira, in arte Socrates, morto ieri a 57, era un fuoriclasse, e da fuoriclasse giocò nella nazionale brasiliana. Grande visione di gioco, bravo con entrambi i piedi, mezz'ala col vizio del gol, sempre pronto a mettere i compagni nelle migliori condizioni per segnare anni. Con la maglia verde oro fu protagonista ai Mondiali dell'82, quelli di "Pablito" Rossi. Sull'onda di quel mondiale approdò nella stagione 84-85 a una Fiorentina ambiziosa e sfavillante. Giocò male, ma i tifosi fiorentini lo ricordano lo stesso con affetto. "Dottore vola in cielo a fare un tacco da Dio", recitava uno degli striscioni letti nella curva viola prima della partita con la Roma. Il direttore sportivo di allora, Tito Corsi, ha ricordato la trattativa per portarlo in riva all'Arno: "Riuscimmo a tenerla segreta. Non se l'aspettava nessuno, la stampa non ebbe anticipazioni e ci rimase male. Socrates aveva le caratteristiche che servivano per il reparto offensivo della Fiorentina di allora. Tra l'altro era famoso per colpire abilmente il pallone con il tacco, lo chiamavano il "taco de Dios", faceva gol da cineteca".
"Presi contatti con i dirigenti del Corinthians - ricorda Corsi - andai in Brasile e ci mettemmo d'accordo. Socrates era un ragazzo molto intelligente, fuori e dentro il campo. Aveva una qualità precisa: sapeva subito a chi passare il pallone appena ricevuto; questa visione del gioco gli consentiva di compensare una certa lentezza dovuta alla sua statura".
Fra l'altro la trattativa per Socrates portò in Italia un altro brasiliano, Carlos Dunga, meno talentuoso, ma dotato di grinta e carattere fuori dal comune: "Lo comprammo dal Vasco da Gama e lo girammo al Corinthians - dice Corsi - sguarnito nel centrocampo con la partenza di Socrates. Poi fece un anno al Pisa, quindi venne in viola". Socrates rimase a Firenze un solo anno, anche se aveva un contratto biennale. Fu una stagione contrastata, la tifoseria rimase delusa, si aspettava di più. "Fece otto reti in campionato, due in Coppa Uefa e quattro in Coppa Italia, non è poco - dice oggi Corsi - Ma all'inizio del campionato 1985-1986 rinunciò a proseguire in viola e ritornò in Brasile, dove poi fu capitano della Selecao ai Mondiali del 1986 dopo esserlo già stato nel 1982". "A Firenze - ricorda ancora Corsi - ebbe difficoltà di ambientamento, essendo abituato a vivere in una città come San Paolo con milioni di persone, mentre qui qualsiasi cosa facesse era sotto gli occhi di tutti, e veniva criticato. Ebbe la saggezza di rinunciare".
L'ex ds della Fiorentina rammenta due vicende particolari che fecero piovere critiche su Socrates: "Appena arrivato in Italia, fu mandato al ritiro precampionato con la squadra; fu inquadrato con gli altri giocatori, ma dopo i primi due giorni di corsa in montagna, non ce la faceva più, era a pezzi. Veniva dal Brasile e ci sarebbe stato bisogno di un periodo di adattamento. Anche Falcao, due anni prima alla Roma, ebbe una situazione simile. Forse come società sottovalutammo questo aspetto. Di sicuro arrivarono le prime critiche. Poi ci fu uno dei più freddi inverni del secolo e un giorno Socrates si presentò agli allenamenti, a Firenze, con i guanti di lana: si scatenò un fiume d'inchiostro sui giornali. Oggi noto che tutti i calciatori, appena cala un po' la temperatura giocano coi guanti".

A Firenze Socrates partecipava a incontri sulla condizione politica del Brasile ed era affascinato dalla città". Era medico, era impegnato politicamente e le conoscenze nuove lo attiravano. Quando gli proposi di venire a Firenze accettò molto volentieri al di là dell'aspetto economico".

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