Cosa dovrebbe aver insegnato questo trimestre ai risparmiatori

L'asset allocation vincente: aumentare il profilo di rischio allungando l'orizzonte temporale di investimento

Ennio Montagnani

Il primo trimestre 2016 ha preso gli investitori in contropiedi. Infatti, mentre la maggior parte dei gestori e dei consulenti profetizzavano un iter positivo per le azioni e quantomeno difficile per le obbligazioni e i titoli di Stato, gli andamenti dei mercati hanno sparigliato ogni previsione. Il risultato è stato che le Borse hanno chiuso in rosso, mentre i titoli di Stato hanno visto aumentare le quotazioni. La conferma è fotografata puntualmente dagli indici dei fondi comuni che fotografano quanto accaduto dal primo gennaio al 31 marzo. L'indice generale ha chiuso a -1,3%, quello dei fondi azionari a -7,1%, quello dei bilanciati a -2,4%, quello dei flessibili a -2% e quello dei monetari area euro a -0,1%: soltanto l'indice dei fondi obbligazionari ha registrato un rialzo del +0,6%.

Molti investitori potrebbero essere tentati di continuare a investire nei fondi obbligazionari e di lasciar perdere quelli bilanciati e flessibili e, soprattutto, quelli a indirizzo azionario. In realtà, per rintracciare la soluzione giusta per le proprie esigenze, la raccomandazione consiste nel ricorrere alle competenze di un consulente finanziario che affianchi il risparmiatore sia prima di effettuare l'investimento (in modo da configurare l'abito finanziario su misura) sia, in particolare, nel corso degli anni (in modo da rimodellare l'abito sulle nuove esigenze della famiglia nel tempo). Precisato questo, ci sono però due fattori da cui ogni portafoglio non può prescindere: l'aumento del profilo del rischio e dell'orizzonte temporale, e l'ampia diversificazione. Per quanto riguarda la necessità di incrementare il profilo di rischio (e il tempo da dedicare all'investimento), si può verificare cosa sia accaduto negli ultimi 5 anni a un portafoglio bilanciato, composto cioè da azioni e obbligazioni (vedi la tabella). Negli ultimi 5 anni, un portafoglio a rischio molto basso, composto cioè per il 10% in azioni internazionali e per il restante 90% in reddito fisso (80% obbligazioni di tutto il mondo e il 10% in liquidità euro), avrebbe reso il 6,1% con una volatilità dell'1,4%, mentre un portafoglio a rischio molto alto, costituito per il 70% da azioni e per il 30% da reddito fisso, avrebbero garantito un rendimento del 42,5%, ma con una volatilità del 10%.

Tra questi due estremi sarebbe stato possibile individuare il profilo di rischio più appropriato al proprio grado di accettazione dei rischi e, di conseguenza, il rendimento derivante. Per migliorare il tutto, o per diminuire i rischi a parità di rendimento, o per ottimizzare le performance a parità di volatilità del portafoglio, è poi possibile attingere alla diversificazione.

In questo modo, il risparmiatore può differenziare l'esposizione azionaria a livello geografico (Europa, Usa , Asia, emergenti), per stile di gestione (growth o value), per tipologia di aziende (large cap, mid cap, small cap) e settori. Allo stesso modo si possono frazionare le scelte obbligazionarie tra governativi, bond societari, obbligazioni legate all'inflazione e convertibili.

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