Credito, il balletto di prede e predatori

Sul proscenio quattro protagonisti e molte comparse. Sullo sfondo Mediobanca e Generali

Chi non gioca al risiko bancario è perduto. Sembra questo il filo rosso di questi ultimi giorni di Borsa. Cerchiamo di mettere, se ci si riesce, un po’ d’ordine. L’arrivo improvviso e senza anticamera dei francesi di Paribas in Bnl, ha fatto capire che il re è nudo. Basta, si fa per dire, staccare un assegno sostanzioso e tutto è for sale.
A ciò si aggiunga che Mario Draghi, novello Governatore, ha già nella sua storia dimostrato come nel mercato si gioca con le regole del mercato: dunque il re in Italia non solo è nudo, ma trema anche dal freddo. In questo scenario ci sono quattro attori fondamentali e molte comparse di peso. Intesa (32 miliardi il suo valore in Borsa) e San Paolo (26 miliardi) che vogliono giocare da conquistatori: un po’ per raffredare gli appetiti dei propri soci stranieri che potrebbero emulare Paribas e tentare il colpaccio, e un po’ perché ormai liberi da ogni costrizione regolamentare. Capitalia (con l’exploit di ieri supera i 15 miliardi a piazza Affari) e Monte dei Paschi (13 miliardi) in guardia. Sulla banca romana soprattutto si concentrano le attenzioni. Il suo giovane manager, Matteo Arpe, negli ultimi mesi non ha fatto altro che ingrassare il boccone. A forza di luna di miele con gli analisti e buoni risultati della banca, ha infatti alzato l’asticella del valore della Capitalia su altezze mai viste negli ultimi sei anni.
Resta il fatto che l’azionariato della banca è debole, e il patto di sindacato è in cerca di autori (si è anche parlato di rafforzamento di Fininvest e attenzioni di Mediolanum, su cui specula il mercato) vista la prossima uscita dei soci storici dell’Abn Amro, ormai impegnati in Antonveneta. Al contrario risultati meno brillanti, ma azionista inscalfibile come la Fondazione MontePaschi, rendono l’Mps più difendibile. Due diverse versioni di un medesimo studio su una possibile aggregazione Mps-Intesa, il primo elaborato da McKinsey, sono finite sul tavolo di Corrado Passera di Intesa: anche se con accenti diversi hanno messo in guardia sui profili critici di un accordo difficilissimo e non del tutto auspicabile. Unicredit, che da sola vale 62 miliardi, per ora è alla finestra. Ma non per sempre. Chi tocca Capitalia, infatti, si porta a casa una buona fetta di Mediobanca-Generali.


È la più forte difesa che Cesare Geronzi ha in casa per rendere la partita romana molto più complessa di come sulla carta apparirebbe. O, se si vuole, è la carta di scambio migliore che il presidente della banca romana ha in mano per concedere in sposa la sua creatura.

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