La tensione che sale pericolosamente. La trattativa che percorre, con passi di pochi centimetri e con risvolti contradditori, i canali diplomatici, nei sotterranei della prudenza. E così il braccio di ferro tra Teheran e Londra, innescatosi una settimana fa, dopo la cattura da parte delle Guardie della Rivoluzione, di quindici tra marine e marinai britannici, accusati di essere entrati irregolarmente nelle acque territoriali iraniane, non allontana affatto l’incubo di conseguenze drammatiche. A maggior ragione dopo che ieri una tv iraniana ha trasmesso la pubblica ammissione di colpa di uno dei marinai di Sua Maestà e, contemporaneamente, è stata diffusa una terza lettera dell’unica donna militare catturata che lancia accuse durissime al proprio Paese e agli Stati Uniti.
Due mosse dall’indubbio effetto mediatico che, sul versante britannico, primo fra tutti Tony Blair, sono state definite non solo «inaccettabili» ma «manipolate», «disgustose e provocatorie». Alle 11,30 la televisione in lingua araba Al Alam (il Mondo) ha trasmesso il video nel quale Nathan Thomas Summers, uno dei prigionieri, chiede «scusa per aver sconfinato in acque iraniane senza permesso». Summers dice inoltre di «essere consapevole che l’incidente, che ha portato alla sua cattura, è il secondo dal 2004 che vede protagonisti militari britannici». Le immagini mostrano Summers seduto al fianco di altri due membri dell’equipaggio, uno dei quali è la donna, Faye Turney, che, mercoledì scorso, nel primo video diffuso dalla stessa televisione, è stata mostrata con un velo nero sul capo, mentre, fumando nervosamente, riconosceva di essere entrata in acque iraniane.
E la Turney è anche l’autrice della lettera, diffusa dall’ambasciata iraniana a Londra. Nel suo scritto la soldatessa assicura di essere trattata bene, e lo fa con un riferimento scomodo: «Al contrario di quanto abbiamo visto e sentito a proposito del trattamento riservato dal personale americano e britannico a chi è detenuto ad Abu Ghraib e in altre carceri irachene, nei miei confronti c’è stato un rispetto assoluto e non ho dovuto subire alcuna offesa». Nella lettera, la terza scritta in tre giorni dalla donna, e indirizzata «al popolo britannico», Faye Turney, marinaio scelto, 26 anni e una figlia, accusa le «autorità di Gran Bretagna e Stati Uniti di aver sacrificato lei e i suoi quattordici compagni alla politica interventista dei governi di George W. Bush e di Tony Blair».
La Turney sollecita in proposito il suo Paese a ritirare le truppe dall’Irak. «È ormai tempo - scrive - di chiedere al nostro governo di cambiare il proprio atteggiamento oppressivo nei confronti degli altri popoli». La reazione di Blair e del governo britannico a queste due sgradevoli novità nella crisi è stata durissima. Blair, mettendo in guardia Teheran sul rischio concreto di «un isolamento crescente» se non libererà i 15 britannici, si è scagliato contro le nuove immagini trasmesse in tv: «Non so perché il regime iraniano continui a farlo, tutto ciò aumenta solo il senso di disgusto della gente». E aggiunge: «Il rilascio dei britannici è l’unica via d’uscita dalla crisi aperta con Teheran. C’è una sola soluzione possibile, ovvero che il nostro personale ci sia riconsegnato presto e in buone condizioni di salute. I video dei soldati prigionieri manipolati non ingannano nessuno», ha concluso il premier.
Contraddittori e sconcertanti, come si accennava all’inizio, anche i risvolti diplomatici, ufficiali e no, che stanno caraterizzando l’intera vicenda. Se è vero che il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, al telefono con il premier turco, Recep Tayyp Erdogan, ha chiesto ieri, secondo l’agenzia Fars, «le scuse di Londra per lo sconfinamento» e si è detto anche «disponibile a riconsiderare il rilascio della donna membro dell’equipaggio» è altrettanto vero, che in una nota diplomatica dell’ambasciata iraniana a Londra, si usano toni più moderati. In buona sostanza la nota riafferma la posizione di Teheran, secondo cui i britannici catturati il 23 marzo «sono penetrati in acque territoriali iraniane».
«L’Iran - si legge nel documento - protesta fermamente contro questo atto illegale», insiste sul «rispetto delle regole e dei princìpi delle leggi internazionali», sottolinea la «responsabilità del governo britannico per le conseguenze di questa violazione» e chiede garanzie «per evitare che questi episodi si ripetano». Ma nella nota non si esigono le scuse. Fredda la reazione britannica: «La nota iraniana sulla vicenda dei nostri marinai detenuti a Teheran non contribuisce in alcun modo a una soluzione», ha rilevato il ministro degli Esteri di Londra, Margaret Beckett, in un’intervista alla Bbc, in cui ha anche accusato l’Iran di «clamorosa propaganda».
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