Erano solo elezioni locali in Inghilterra e Galles, ma il tonfo dei laburisti è così pesante da lasciare presagire la fine del ciclo politico avviato da Tony Blair in Gran Bretagna nel 1997. E questo a cinque giorni dal trionfo di Alemanno in unaltra città simbolo: Roma, che come Londra ieri, è passata a destra. E a una ventina di giorni dallaffermazione del Popolo della libertà e della Lega Nord.
Certo sarebbe improprio paragonare la situazione inglese a quella italiana: loro hanno avuto la Thatcher noi no. Noi abbiamo scelto leuro, loro si sono tenuti la sterlina. Noi siamo toccati solo marginalmente dalla crisi dei mutui subprime, loro ne sono travolti. Ma se esaminiamo il quadro politico negli altri grandi Paesi europei, ci accorgiamo che la tendenza è analoga, con una sola eccezione: la Spagna di Zapatero. In Germania la Merkel sta trasformando la coabitazione con lSpd in un trionfo personale e lultimo sondaggio la dà in vantaggio di 54 punti sul leader socialdemocratico Beck. La Francia un anno fa ha scelto Sarkozy e sebbene la luna di miele sia già finita - come dimostra il risultato delle comunali di marzo - la sua leadership non è in discussione: governerà solidamente per quattro anni.
Non è la prima volta che lEuropa si muove in sintonia: negli anni 96-97 era quasi tutta a sinistra. Oggi è quasi tutta a destra per una ragione, in fondo, semplice: i ruoli si sono invertiti. In società dove le classi sociali non sono più definite con chiarezza, i partiti socialisti si dimostrano incapaci di ascoltare il popolo e di dare risposta al suo malessere. Sono o troppo teorici, liberisti, elitari o massimalisti, estremi, confusamente postcomunisti; gli uni e gli altri staccati dalla realtà.
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