I punti chiave
Mentre ci si interroga sui presunti ritardi dei soccorsi in Friuli Venezia Giulia, dove due ragazze sono morte a causa della piena del fiume Natisone e un terzo giovane risulta ancora disperso, la procura della Repubblica di Udine ha fatto sapere di aver aperto un'inchiesta per omicidio colposo contro ignoti. Nel corso di una conferenza stampa, il procuratore Massimo Lia ha dichiarato: "Condurremo tutti gli accertamenti del caso e tutte le verifiche per capire se i soccorsi sono stati tempestivi, se ci sono state problematiche che possano in qualche modo aver inciso sul tragico evento".
L'indagine
Per il magistrato "allo stato non ci sono elementi specifici che ci fanno andare in questa direzione. Ovviamente gli accertamenti sono in fase iniziale e quindi nulla si può escludere nel prosieguo dell'attività investigativa". Quindi Lia ha aggiunto: "Dal punto di vista strettamente penalistico, per poter configurare anche astrattamente una responsabilità penale di qualche soggetto, bisogna configurare una responsabilità colposa di tipo omissivo e non commissivo. Omissivo nel senso che non si è intervenuti tempestivamente per approntare quei mezzi che avrebbero consentito il salvataggio di questi giovani". Sulle cause del decesso il prcuratore ha spiegato: "Gli accertamenti sulle salme, la dinamica dei fatti, la documentazione che tutti abbiamo visto e l'esame esterno compiuto dal medico legale sui corpi, consentono, con ragionevole certezza, di individuare la causa del decesso nell'asfissia da annegamento e traumatismi vari. Si è ritenuta sufficiente l'ispezione cadaverica esterna, anche per riconsegnare le ragazze ai famigliari, per procedere con il rito funebre".
I punti ancora in sospeso
Massimo Lia non può dire di più in questo momento, ma alcuni dubbi andranno dissipati quanto prima. In particolare, come riporta il quotidiano La Stampa, andrà chiarito il motivo per cui si è deciso di far partire l'elicottero dei vigili del fuoco dalla città di Venezia, invece di usufruire di quello di Campoformido, più vicino in linea d'aria. Ricostruendo la vicenda non tutto quadra alla perfezione. Il primo allarme viene dato al telefono da Patrizia Cormos, una delle ragazze in balia della piena, alle 13.25. L'operatore del 112 chiama immediatamente il comando dei vigili del fuoco e, subito dopo, parte una prima squadra da Udine.
L'elicottero
Viene preallertato anche l'elisoccorso di Venezia, distante più di 120 chilometri dal luogo dove i tre ragazzi sono bloccati. Nei minuti che seguono ci sono altre chiamate alla Centrale unica di emergenza. I passanti che si accorgono dei giovani in difficoltà chiedono aiuto con i loro telefonini. Un'altra telefonata, l'ultima delle quattro effettuate in totale, la fa sempre Patrizia Cormos, disperata perché si rende conto che le cose stanno precipitando, ma, come ha confermato il procuratore Lia, senza ricevere risposta. Alle 13.48, ventitre minuti dopo la prima chiamata della ragazza, si mette in moto il mezzo di soccorso della Sores Fvg, provvista di verricello con la fune. Quando parte l'elicottero di Campoformido, invece, è ormai troppo tardi, dato che i tre ragazzi sono già stati travolti dalla piena.
Le reazioni
Intanto uno dei soccorritori ha dichiarato al Corriere della Sera di aver pensato di trovare ancora viva la ragazza che ha provato a salvare nel Natisone. "Il corpo della 20enne – ha detto – era in una piccola insenatura creata dall'erosione dell'acqua. L'ho notata mettendo la testa in un pertugio, in una piccola fessura del costone del torrente. Patrizia è stata portata fin lì. Ho pensato potesse essere ancora viva, sono andato lì perché mi hanno chiesto se potevo dare il mio contributo e mi sentivo di farlo, volevo trovare persone vive. Ho ascoltato il respiro e i battiti, ma nulla". Si è sfogata, invece, la madre di Patrizia Cormos, ancora sconvolta per la perdita della figlia."Ciò che mi addolora – ha rivelato la donna al quotidiano Il Messaggero – è che tutti hanno fatto foto e video e nessuno li ha salvati. Nessuno. Potevano farlo, non era importante filmare. Patrizia era andata a fare una passeggiata, ha chiamato più volte il 112 e ha lasciato il suo nome e l'indirizzo. Ha detto ‘chiamate mia mamma'.
Secondo me si sarebbe potuta salvare, anche da sola. L'ho portata anche a imparare a nuotare, perchè le ho detto 'se ti trovi al mare o in una piscina, devi riuscire a venire a galla. Ha aspettato la sua amica perchè non sapeva nuotare'".
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