"Non voleva ucciderla", "Tradì Diana per lussuria". Braccio di ferro su Alessia Pifferi

È il giorno delle parti civili e della difesa nel processo per la morte di Diana Pifferi. Attesa la requisitoria per la madre Alessia Pifferi

Alessia Pifferi e Alessia Pontenani
Alessia Pifferi e Alessia Pontenani
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La famiglia di Alessia Pifferi chiede 350mila euro a titolo di risarcimento per la morte di Diana. È il giorno della requisitoria e, forse, della sentenza di primo grado. Le parti civili sono agguerrite, dopo che il dito è stato puntato più volte contro di loro per presunte mancanze: negano giustificazioni per ciò che l’imputata ha fatto, cioè lasciare da sola per 6 giorni la piccola Diana Pifferi, 18 mesi, morta di stenti il 20 luglio 2022. Presunta mancanze che invece vengono rimarcate dalla difesa.

Le parti civili

Ci troviamo di fronte a una condotta di natura volontaria - ha esordito l’avvocato di parte civile Emanuele De Mitri - a un caso agghiacciante in cui la responsabilità è chiara a seguito di granitiche prove, mai scalfite dagli esiti dell'istruttoria. In questo processo c'è solo una verità: Alessia Pifferi è colpevole dell'omicidio della piccola Diana, sapeva benissimo che abbandonando la figlia in quel modo ne avrebbe provocato la morte”.

De Mitri cura gli interessi di Maria Assandri e Viviana Pifferi, rispettivamente madre e sorella di Alessia. È stata quest’ultima ad additare la famiglia parlando di un presunto ritardo che le sarebbe stato taciuto e di un presunto abuso sessuale da parte di un amico del padre. Ma la perizia psichiatrica ha riconosciuto Alessia Pifferi capace di intendere e volere, oltre che caratterizzata da alessitimia, ovvero mancanza di empatia. De Mitri fa un passo avanti e parla di lussuria chiamando in causa l'imputata: "È stata una donna presuntuosa, è stata una donna lussuriosa che ha seguito l'appetito del corpo. Non c'è nessuna responsabilità dei familiari, Maria e Viviana mai avrebbero potuto pensare che Alessia Pifferi abbandonasse la figlia".

Maria Assandri
Maria Assandri

In quest’aula non c'è stato un solo elemento a suo favore - ha aggiunto De Mitri - Abbiamo assistito a tentativi di giustificare una condotta omicidiaria, tentativi da commedia dell'arte meschini e gravi tentativi di denigrare la famiglia d’origine: è falso che la madre e la sorella l'hanno abbandonata. Ha tradito la piccola Diana, ha tradito il suo corpo nonostante ci dica che vive per lei. Alessia Pifferi ha accettato il solo esito possibile: la morte”. In alternativa al risarcimento di 200mila per la madre e di 150mila euro per la sorella, il legale ha chiesto 100mila euro per ciascuna a titolo di provvisionale. De Mitri ha chiesto inoltre di non concedere le attenuanti generiche.

La difesa

Rimarca invece le presunte mancanze la legale dell’imputata, Alessia Pontenani, che ha chiesto l’assoluzione, sottolineando come Alessia Pifferi sarebbe “cresciuta nell'abbandono e nell’incuria”, in altre parole sarebbe diventata una “bambina bisognosa di amore al punto da diventare pericolosa”.

Viviana Pifferi

Se dovessi levarmi il cencio nero dalle spalle direi che Alessia Pifferi è un mostro, che ha fatto una cosa terribile e tremenda - ha commentato Pontenani - […] Alessia Pifferi non ha mai dato problemi, non è una psicotica, è una ragazza che è cresciuta nell'assoluto isolamento morale, culturale, ma mai ha dato problemi, altrimenti non saremmo qui”. Pontenani ha ricordato le circostanze per cui Alessia Pifferi avrebbe lasciato gli studi a 15 anni, ovvero per accudire la madre dopo un incidente, e come per diverse ragioni non avrebbe “mai lavorato un giorno in vita sua”.

Io non credo che Alessia Pifferi sia una persona totalmente capace di intendere e volere - ha aggiunto Pontenani, da sempre in disaccordo con i risultati della perizia psichiatrica - Ai periti che gli domandavano cosa poteva succedere alla bambina rispondeva che poteva cadere dal lettino, sente voci, sente odori che nessuno sente, è stata vittima di violenza sessuale, non è andata a scuola, ha un deficit cognitivo, psicomotorio, è vissuta senza un lavoro, in condizioni di estrema indigenza”.

Pontenani preme affinché all’imputata - per la quale è stato chiesto l'ergastolo - siano riconosciute le attenuanti generiche: “Lei non riesce a capire la differenza tra l'omicidio a coltellate e quello per omissione. Continua a ripetere di non aver ucciso la figlia. Quindi ritengo sia necessario comunque riconoscere le attenuanti generiche. Vi lascio nelle mani Alessia e Diana, entrambe persone sfortunate, perché abbiano davvero giustizia”.

La legale ha sottolineato come non ci sarebbe stata volontarietà nel commettere l’omicidio, ma si tratterebbe di altro reato, ovvero abbandono di minore. “Ha commesso quel reato più volte - ha concluso Pontenani - quando è andata al supermercato senza la bambina, il primo weekend, il secondo weekend, e quella maledetta settimana. Non era così vigliacca da lasciarla”.

La replica del pm

Nessun attenuante e massimo della pena: è quanto chiesto dal pm Francesco De Tommasi, che ha segnalato come Alessia Pifferi sia “stata descritta come una vittima, aleggia in questo dibattimento una idea della quale abbiamo dimostrazioni del contrario. Alessia Pifferi non ha nessun deficit, nessuna perizia lo dimostra”. Il pm ha rigettato tutte le testimonianze a favore dell’imputata, tra cui quella del parroco, sottolineando come la donna abbia “mentito, si è mostrata da subito lucida, ha inventato una storia per scrollarsi da subito le responsabilità”.

Proprio sulle responsabilità nella morte di Diana ha insistito De Tommasi: “Non concedete alcun beneficio perché ha mentito sulla vita di sua figlia, l’ha tradita due volte: quando l’ha lasciata sola e quando in

questo processo non si è assunta le sue responsabilità. Condannatela all'ergastolo e avrete dato verità e giustizia a Diana”.

La corte presieduta da Ilio Mannucci Pacini si è ritirata per decidere.

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