Aveva contribuito a provocare la prescrizione dei reati di violenza e abuso sessuale - con minori vittime in alcuni vicende - in più di una circostanza attraverso inerzie e ritardi (addirittura fino a 17 anni) nelle definizione delle inchieste giudiziarie di cui aveva la responsabilità. Per questo motivo la pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo e a lungo membro del pool dedicato ai reati contro le fasce deboli, Alessia Sinatra - finita anche al centro del caso Creazzo -, è stata condannata dalla Sezione disciplinare del Csm alla sospensione dal servizio per sei mesi e il trasferimento al tribunale di Caltanissetta con funzioni di giudice civile. Una sanzione molto più pesante di quella chiesta dalla procura generale della Cassazione, che aveva rappresentato l'accusa che consisteva nella "sola" perdita di anzianità di tre mesi.
Le gravi negligenze della pm
Le accuse con le quali la procura generale della Cassazione aveva sottoposto a processo disciplinare la Sinatra si basavano sul fatto che la magistrata aveva lasciato nei cassetti fascicoli delicatissimi per stalking, sequestro di persona e – in più casi – violenze sessuali su minori, dimenticandoli anche per un decennio abbondante, "oltre ogni ragionevole termine di durata delle indagini preliminari". Così facendo, i reati sono tutti caduti in prescrizione, "arrecando un indebito vantaggio" agli indagati e "un ingiusto danno" alle presunte vittime. Le accuse andavano dalla violazione dei "doveri di diligenza e laboriosità" alla violazione di legge "determinata da negligenza inescusabile", passando per il "grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni" proprio in relazione a procedimenti per abusi.
Il caso dei tre fratellini abusati
Tra i casi che hanno portato alla condanna di Sinatra c'è la vicenda di tre fratellini che avevano subìto abusi sessuali nell'ambiente familiare e che sin dai primi interrogatori avevano indicato i presunti responsabili. La pm avrebbe però iscritto la notizia di reato sette anni dopo nel registro ignoti e "dopo più di 16 anni di totale inerzia investigativa e oltre ogni ragionevole termine di durata delle indagini preliminari", come si legge nell'atto dell'accusa, aveva chiesto l'archiviazione, perché intanto era intervenuta la prescrizione del reato. Ancora più drammatico fu il caso di ragazzino affidato sin dall'età di 13 anni dai genitori alle cure di un sacerdote: alla sua morte erano stati proprio loro a denunciare gli abusi e i maltrattamenti del figlio da parte del prete che avrebbe approfittato dello stato di vulnerabilità dell'intero nucleo familiare. Dopo otto anni dall'iscrizione della notizia di reato, anche in questo caso all'esito di indagini che si sono protratte oltre ogni ragionevole termine di durata, Sinatra ha chiesto l'archiviazione per difetto di querela.
Il precedente responso del Csm a suo carico
Alessia Sinatra era diventata nota a livello nazionale per avere denunciato una molestia sessuale subita dall'ex procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo: invece di denunciarlo, tuttavia, aveva optato di rivolgersi in privato al capo della propria corrente, Luca Palamara, chiedendogli di boicottare la corsa del collega presunto molestatore al vertice della Procura di Roma in modo tale da potersi personalmente "vendicare" del fatto accaduto.
Per quella vicenda, risalente al 12 giugno 2015, nello scorso febbraio scorso il Consiglio superiore della magistratura le aveva inflitto la sanzione simbolica della censura. "Non si ricorda a memoria d'uomo una sentenza così pesante per incolpazioni di questo tipo, che supera di gran lunga ancora una volta la richiesta della procura generale della Cassazione".
A commentare così la sentenza con la quale oggi la Sezione disciplinare del Csm ha condannato la sua assistita è l'avvocato Mario Serio. Contro la sentenza odierna della Disciplinare, Sinatra potrà ora presentare ricorso alle Sezioni Unite civili della Cassazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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