Picchiata, schiavizzata e col burqa in tribunale: bengalese denuncia il marito

Una donna bengalese di 29 anni ha trovato il coraggio di ribellarsi al marito dopo 7 anni trascorsi in schiavitù: "Venendo qui in Italia pensavo di avere una speranza"

Picchiata, schiavizzata e col burqa in tribunale: bengalese denuncia il marito
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Mentre le ultrafemministe italiane combattono il "patriarcato occidentale" a suon di slogan politici e col pugno alzato, ci sono donne che il patriarcato lo combattono in tribunale con coraggio, perché l'hanno vissuto e lo vivono per davvero sulla propria pelle. L'ultimo esempio arriva da Ancona, dove Antora Sarmin, 29enne bengalese arrivata diversi anni fa in Italia, ha deciso di denunciare il marito, connazionale, di 41 anni. Come racconta il Corriere della sera, Sarmin si è presentata in tribunale con il burqa ed è stata posizionata in un palchetto, invisibile ai presenti in aula.

La denuncia è per maltrattamenti e la donna sarebbe terrorizzata al tal punto dal marito che, nel momento in cui il giudice le ha chiesto per prassi di fornirgli il suo indirizzo di residenza, si sarebbe rifiutata di rivelarlo pubblicamente. "Ho paura", ha detto al giudice. E le sue preoccupazioni, stando a quanto raccontato in aula dove era presente anche il marito, in apparenza incurante, sembrano essere fondate. Sarmin è assistita dall'avvocato Cinzia Bruschi e dal suo racconto è emerso quello che a tutti gli effetti sembra essere stato un matrimonio da incubo. Per 7 anni la donna ha dovuto subire le peggiori angherie da parte del marito, che oltre a picchiarla e insultarla costantemente, la obbligava a essere la "sguattera" di 15 connazionali. Vivevano tutti assieme in un modesto appartamento della periferia di Ancona, uno dei tanti che spesso gli stranieri affittano e in cui poi chiamano ad abitare un numero enorme di bengalesi.

Racconta che solo dopo le nozze, nel 2015, scopre che l'uomo aveva un matrimonio alle spalle. Vengono in Italia e lei vuole seguire un corso scolastico, ma le viene impedito. Sostiene che il marito la picchiava ogni giorno, che le impediva di uscire di casa e stando ai referti presentati in Aula in più di un'occasione è anche dovuta ricorrere alle cure ospedaliere, una volta a causa dell'ingestione di un mix di farmaci anticoncezionali. "Forse per questo perde un bimbo", dichiara in aula il suo avvocato. Per quel "lavoro" di sguattera, qualcuno dei coinquilini la pagava pure, ma il marito le portava via regolarmente quei soldi.

Sarmin riesce a rompere le catene di quel matrimonio nel 2022 e va via di casa. Informa con un messaggio Whatsapp la famiglia e lo stesso uomo, che immediatamente fa denuncia di scomparsa ai carabinieri. Pur raccogliendo la segnalazione dell'uomo, gli uomini dell'Arma decidono di andare a fondo in quella storia, che fin dall'inizio li aveva insospettiti. I carabinieri riescono a individuare un'amica di Sarmin, ma è come se avesse paura di raccontare la verità. Come spesso accade, comunità come queste si proteggono con uno spesso muro di omertà ma, con pazienza e grande professionalità, i militari riescono a far dire almeno qualcosa a quella donna: "Antora non torna perché teme di essere uccisa".

Da Ancona, Sarmin si era spostata a Bologna dove vivono dei conoscenti ma, come impone la tradizione della loro cultura, decidono di non intromettersi, nonostante tutto, tra lei e il marito.

La mandano via e lei trova rifugio a Carrara, dove vive un connazionale che ha conosciuto l'inferno della donna nell'appartamento di Ancona, provando anche ad aiutarla, per poi essere obbligato a lasciare quella casa. "Venendo qui in Italia speravo di avere una speranza, una famiglia con quell’uomo. Ce l’ho ancora, questa speranza: ma ora è una cosa diversa", ha detto Sarmin in aula con un filo di voce.

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