Contrasse l'epatite in ospedale, il tribunale le accorda il risarcimento dopo mezzo secolo

Una donna contrasse l'epatite C a seguito di un'emotrasfusione dopo aver partorito presso l'ospedale di Arezzo, nel 1970. A più di mezzo secolo dai fatti e dopo due decenni di battaglie giudiziarie, il tribunale di Firenze ha condannato il Ministero della Salute a corrisponderle un risarcimento di 50mila euro

Contrasse l'epatite in ospedale, il tribunale le accorda il risarcimento dopo mezzo secolo
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Contrasse l'epatite C in ospedale a causa di un'emotrasfusione nel 1970, dopo aver partorito. Una malattia che le ha condizionato a quanto pare l'esistenza, costringendola ad esempio ad abbandonare il lavoro e causandole non poche difficoltà. E a distanza di oltre mezzo secolo, il tribunale di Firenze ha condannato il Ministero della Salute a corrispondere alla protagonista di questa vicenda un risarcimento da 50mila euro riconoscendo il “danno morale da emotrasfusione”. Si tratta di una donna di 74 anni, per una storia che arriva da Arezzo e che si è chiusa solamente nelle scorse ore dopo più di cinque decenni. Stando a quanto riporta il sito web ArezzoNotizie, tutto ebbe inizio cinquantaquattro anni fa: all’epoca dei fatti la donna, gestante ventenne, era stata ricoverata presso l’ospedale della città toscana. Il parto fu impegnativo e la neo-mamma ebbe bisogno di una trasfusione.

Tutto sembrava comunque risolto, per quanto negli anni successivi manifestò problemi di salute che fra le altre cose la costrinsero a lasciare il lavoro da commerciante e a rinunciare ad affiancare il marito in un'azienda orafa. Disturbi che non era mai riuscita a spiegarsi, prima di scoprire nel 1999 di essere positiva all’Hcv. Le venne quindi il sospetto di averla contratta durante il parto quasi un trentennio prima, ipotizzando che il sangue utilizzato per la trasfusione fosse infetto. E da lì partì un lungo percorso legale che si è concluso solo nelle scorse ore: nel dicembre del 2000 la signora decise così di presentare una domanda di indennizzo che fu però “respinta dalla Cmo di Firenze per insussistenza del nesso causale tra i due eventi". A quel punto fece causa al Ministero della Salute: il tribunale di Arezzo nel 2007 le aveva riconosciuto il diritto all’indennizzo, ma la sentenza fu annullata dalla Corte di Appello di Firenze.

La donna presentò dunque ricorso: la Corte di Cassazione nel 2023 ha confermato il “rigetto dell’indennizzo da emotrasfusione per completa remissione della patologia infettiva, affermando che il danno psichico non rientra nella tabella degli indennizzi”. Ma proprio il danno morale è stato provato dal collegio legale che ha assistito la donna e riconosciuto dal tribunale di Firenze. Che è stato uno dei primi tribunali in Italia ad applicare un orientamento della Cassazione del gennaio scorso, con il quale il danno morale viene preso in considerazione in modo indipendente dal danno biologico.

Un danno che, si legge nella motivazione della sentenza,“si ritiene sussistente in base alle prove raccolte che danno evidenza di uno sconvolgimento delle abitudini di vita, che non ci sarebbe stato senza l’emotrasfusione di sangue infetto sulla partoriente di 20 anni, nonché dalle prove documentali”.

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