Faida nell'Antimafia, Caltanissetta indaga sul pm Prestipino

L'accusa: "Rivelazione di segreto d'ufficio". Avrebbe parlato di indagini segrete a due ex prefetti, De Gennaro e Gratteri, impegnati a impedire infiltrazioni mafiose nei lavori per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Il legale: "Accuse lunari"

Faida nell'Antimafia, Caltanissetta indaga sul pm Prestipino
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Scoppia la guerra interna all’Antimafia tra Roma e Caltanissetta. Il procuratore aggiunto della Dna Michele Prestipino, ex capo della Procura capitolina, è indagato a Caltanissetta per rivelazione di segreto d’ufficio. Secondo quanto avrebbe appreso l’Ansa, il pm avrebbe riferito notizie riservate sullo stato delle indagini sulle cosche calabresi e sulle infiltrazioni dei clan nelle imprese del Nord all’ex capo della Polizia Gianni de Gennaro, ora presidente di Eurolink, il General Contractor per la progettazione e la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, e a Francesco Gratteri, ex prefetto oggi consulente della società per le questioni legate alla sicurezza. La conversazione sarebbe stata intercettata nell’ambito di una inchiesta di Caltanissetta sul periodo delle stragi del 1992.

Non è ancora chiaro al momento chi dei tre sarebbe stato oggetto di intercettazione, né perché. È ipotizzabile che a essere ascoltato sia stato Prestipino mentre parlava con il suo ex capo - a Palermo, Roma e a Reggio Calabria - Giuseppe Pignatone, anch’egli indagato da Caltanissetta per aver favorito alcuni boss insabbiando un’inchiesta quando era magistrato nel capoluogo palermitano.
L’indagine a carico di Prestipino, più che di Caltanissetta, potrebbe essere tecnicamente di competenza di Perugia che indaga sui presunti reati compiuti dai magistrati capitolini, anche se il ruolo di Prestipino nella Direzione nazionale antimafia - su cui è competente Roma, vedi il caso dell’ex pm antimafia Antonio Laudati, coinvolto nel presunto dossieraggio dell’ufficiale Gdf Pasquale Striano - potrebbe riportare la competenza nella Capitale.

La spaccatura interna all’Antimafia resta. Prestipino e Pignatone hanno messo a segno diversi colpi contro le cosche calabresi e siciliane, è ipotizzabile che grazie agli ottimi rapporti con due ex prefetti come l’ex capo della Polizia De Gennaro, di origine calabrese, e Francesco Gratteri - anche loro con una storia di battaglie antimafia nel curriculum - il magistrato romano si sia lasciato scappare informazioni confidenziali per aiutare la battaglia dei due contro le infiltrazioni delle cosche nei lavori del Ponte sullo Stretto di Messina, con denaro pubblico e privato che certamente fa gola ai boss. Non è chiaro cosa abbia davvero rivelato ai due, ma è pacifico che questa vicenda rischia di inasprire ancora di più lo scontro interno all’Antimafia (già compromesso dopo le indagini di Caltanissetta contro Pignatone e di Firenze contro Ilda Boccassini) mentre si tinge di una verità ancora più fosca la storia delle stragi che nel 1992 cancellarono le vite di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

«Ci sono molti dubbi sulle accuse - dice il legale di Prestipino Cesare Placanica - sia in ordine alla utilizzabilità del materiale probatorio su cui si fonda la provvisoria incolpazione, sia rispetto alla competenza territoriale del tribunale di Caltanissetta». L’avvocato, che ha suggerito al suo assistito di avvalersi della facoltà di non rispondere, contesta anche che ci siano altri «aspetti controversi» che verranno chiariti in un successivo interrogatorio.

«Pignatone non parlava con imprenditori o malavitosi ma l’ex capo della Polizia, investigatore di punta nella lotta alla criminalità organizzata, e con un suo storico collaboratore» come Gratteri. Motivo per cui «appare lunare e privo di ogni aderenza alla realtà anche solo ipotizzare una accostamento di Prestipino a realtà criminali con cui non risulta, difatti, alcun collegamento».

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