“Ha mostrato resipiscenza”. Così il giudice ha scarcerato una delle “belve” di Palermo

Sono emerse le ragioni che hanno portato alla scarcerazione di uno dei 7 indagati per lo stupro di gruppo di Palermo. Intanto proseguono gli interrogatori di garanzia

“Ha mostrato resipiscenza”. Così il giudice ha scarcerato una delle “belve” di Palermo
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Anche nello stupro di Palermo, la linea difensiva degli indagati è sempre la stessa, come in un copione ormai già visto e rivisto, la strategia è quella di trasformare la vittima in una non vittima, quasi in una complice, perché lei era consenziente o ha provocato. Sono queste le giustificazioni degli indagati finora ascoltati, che per due di loro non hanno portato a nessun risultato, visto che il gip ha confermato il fermo. Diverso esito, invece, per il più giovane, minorenne all'epoca dei fatti, che segno il gip ha mostrato "resipiscenza" (cioè consapevolezza del proprio errore e ravvedimento), tanto da spingerlo a scarcerarlo per assegnarlo a una comunità.

Una decisione che ha trovato parere contrario della procura, che infatti ha avanzato ricorso in quanto il giovane, come dimostrano i video girati dagli stessi carnefici durante lo stupro, è stato uno dei più violenti nei confronti della vittima. Stessa indignazione anche da parte del sindacato di polizia penitenziaria, secondo il quale questa decisione è un "esempio di impunità". Anche l'opinione popolare reputa ingiusta la scelta del gip di scarcerare il giovane e sono nei prossimi giorni si saprà se il ricorso del pm è andato in porto o se resterà lettera morta. Intanto, il tribunale del Riesame di Palermo, respingendo la richiesta dei suoi legali, ha confermato il carcere anche per Cristian Barone. Era finito in cella con Angelo Flores e Gabriele di Trapani, per i quali i giudici avevano già ieri ha respinto l'istanza di scarcerazione.

Intanto oggi proseguono gli interrogatori degli altri indagati. "Sono addolorato per ciò che è successo, chiedo scusa alla ragazza e alla sua famiglia. Sono tornato indietro insieme al ragazzo di 17 anni per aiutarla. Ma mi è stato detto che la ragazza era consenziente", ha affermato in lacrime Christian Maronia, che poi ha aggiunto: "Mi sono rovinato la vita. Mi era stato detto che la giovane era d'accordo. Ho anche una fidanzata e non avrei mai fatto una cosa simile. Io non conoscevo la ragazza, non l'avevo mai vista prima". Affermazioni che ora sono al vaglio del gip ma che stridono con quanto di vede nei video e che, comunque, dimostrano, se mai ce ne fosse bisogno, una crisi dei valori dilagante, che sta assumendo una deriva molto pericolosa.

In serata è atteso l'esito dei tre interrogatori ma non ci sono ragioni per credere sia diverso rispetto a quello di ieri.

Intanto proseguono le indagini della procura e le ricerche delle forze dell'ordine, impegnate a trovare il cellulare che uno dei sette, intercettato dalle cimici, ha raccontato di aver nascosto sotto terra in un magazzino di Palermo.

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