Tredici agenti della polizia penitenziaria in servizio al carcere minorile Beccaria di Milano sono finiti in carcere stamane con le accuse, a vario titolo, di maltrattamenti aggravati a una dozzina di detenuti minorenni, tortura aggravata, lesioni anche mediante omissione, aggravate dai motivi abietti e futili, dalla minorata difesa e dall’abuso di potere. E anche di falso ideologico e, in un caso, di tentata violenza sessuale ad opera di un agente nei confronti di un detenuto. Altri otto agenti, in servizio al Beccaria all'epoca dei fatti, sono stati sospesi. L'inchiesta è condotta dalla polizia di Stato e il Nucleo Investigativo Regionale per la Lombardia della Polizia Penitenziaria, coordinati dalla Procura della Repubblica di Milano con le pm Rosaria Stagnaro, Cecilia Vassena e l'aggiunta Maria Letizia Mannella. Secondo la gip che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare per gli agenti, Stefania Donadeo, "le violenze perpetrate corrispondono esattamente a una pratica reiterata e sistematica (...) che connota la condotta ordinaria degli agenti che vogliono stabilire le regole di civile convivenza (...) ed imporle picchiando, aggredendo e offendendo i minorenni detenuti". La giudice nel suo provvedimento ha parlato di un "sistema consolidato" che ha determinato "un clima infernale" verso i giovani.
I reati contestati in relazione alle condotte degli odierni indagati sono riscontrate a partire almeno dal 2022 a oggi e reiterate nel tempo nei confronti di diversi detenuti di età minore. L’indagine - partita da alcune segnalazioni pervenute all’Autorità giudiziaria, anche attraverso il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale Francesco Maisto - si è sviluppata inizialmente attraverso le dichiarazioni rese da numerosi minori in passato ristretti presso il Beccaria e quindi per mezzo di numerosi servizi tecnici di intercettazione e dell’acquisizione di telecamere interne all’Istituto, che hanno permesso di raccogliere indizi di reato per diversi episodi di violenze ai danni dei minori.
Il procuratore Viola: "Brutta pagina per le istituzioni"
"Questa conferenza stampa non l'avremmo voluta tenere", le parole del procuratore capo di Milano Marcello Viola. "Si tratta di una vicenda dolorosa, di una brutta pagina per le istituzioni, ma va assicurato il rispetto della legge, e di questo dò atto e merito alla polizia penitenziaria che ha collaborato dal principio per l'accertamento della verità. Da parte del corpo degli agenti penitenziari c'è stata collaborazione per l'accertamento dei fatti" ma, secondo Viola è una vicenda che desta "massimo sconforto" anche perché "l'ambiente carcerario è già caratterizzato da grande difficoltà". E ancora: "Bisogna interrogarsi sul perché questo è successo, bisogna intervenire" e anche "investire in formazione, che è l'unica cosa che può tutelare rispetto al rischi di vicende del genere".
I pestaggi
Come ha spiegato l'aggiunta del pool fasce deboli Mannella, gli agenti facevano in modo di "non fare vedere le botte all'esterno", ad esempio usando, per colpire, dei sacchetti di sabbia. Ecco perché i ragazzi che erano "molto svegli, si davano i pizzicotti dopo avere ricevuto le botte". E ha aggiunto che "molti di loro ritenevano il loro comportamento adeguato per motivi educativi, ecco perché bisogna investire in formazione per fare loro comprendere come agire nei confronti di ragazzi che hanno comportamenti vivaci. Ci sono state anche persone che volevano troncare queste situazioni, la struttura è sana". Uno dei pestaggi sarebbe avvenuto ai danni di un ragazzo ritenuto responsabile di un incendio in una cella. Lo avrebbero circondato in sette agenti per poi ammanettarlo dietro la schiena. "Mi è uscita la spalla - ha raccontato il detenuto a una delle pm che ha condotto l'inchiesta - e gli dicevo: 'Per favore toglietemi queste manette che mi sta uscendo la spalla' e mi era già uscita". In seguito, "hanno cominciato a darmele anche con forza". E cioè schiaffi, pugni e anche un calcio nelle parti intime. Il giovane ha spiegato agli inquirenti che dopo il pestaggio era stato messo in isolamento "per dieci giorni in un'altra cella nella quale, per i primi tre giorni, non era stato predisposto neppure un materasso e un cuscino per dormire".
I bastoni e le relazioni "addomesticate"
Gli inquirenti hanno spiegato che le modalità dei pestaggi sono avvenuti, in alcuni casi, con l’uso di bastone o altri strumenti atti a offendere. "In buona parte dei pestaggi i ragazzi vengono ammanettati, ma con le mani dietro la schiena, per impedire la difesa". I detenuti minorenni hanno raccontato di notti insonni e sofferenze fisiche e le modalità vessatorie erano "tali da rendere la situazione invivibile. Sapevano che potevano subire violenza in qualsiasi momento, le relazioni di servizio erano addomesticate". E infatti un comandante è accusato di falso per una di questi atti che non corrispondono a verità. Sono stati individuati, nelle indagini, dei luoghi privi di telecamere dove avvenivano le torture: un ufficio e alcune celle di isolamento in cui sono avvenuti i fatti più recenti.
La tentata violenza sessuale
Uno dei pestaggi, hanno spiegato gli inquirenti, sarebbe avvenuto anche come forma di "ritorsione" nei confronti della reazione dei ragazzi a una tentata violenza sessuale da parte di uno degli agenti. "Gli autori del pestaggi sono ritornati successivamente a punire i ragazzi che avevano reagito alla tentata violenza nei confronti di uno di loro". La tentata violenza, aggravata dalla minore età del ragazzo, e dall'abuso della sua autorità di agente, sarebbe avvenuta la mattina dell'8 novembre scorso.
Mentre il ragazzo stava dormendo nella sua cella, l'agente della polizia penitenziaria si sarebbe avvicinato al suo letto e lo avrebbe accarezzato sulle parti intime. Alla reazione del giovane, l'altro gli avrebbe risposto: "Stai tranquillo, voglio solo fare l'amore con te".
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