I magistrati spagnoli non hanno ritenuto necessaria la presenza dell'imputato e il rischio di un'archiviazione del caso (che sino a ieri appariva concreto) è stato se non altro scongiurato. Resta un problema non da poco: l'omicida, datosi alla fuga la scorsa estate dopo la sentenza di condanna a quindici anni di reclusione emessa dal tribunale di Girona, risulta ancora latitante. Sono gli ultimi sviluppi del caso Niccolò Ciatti, a seguito dell'ultima udienza tenutasi nelle scorse ore a Barcellona, in Spagna, presso il Tribunal superior de justicia de Cataluña (l'equivalente spagnolo della corte d'Appello, ndr). I magistrati si sono ritirati in camera di consiglio e dovrebbero sciogliere le riserve fra circa una settimana. L'assenza dell'imputato, Raoul Bissoultanov, non ha se non altro inficiato il procedimento, come temuto alla vigilia.
Nessuno sa dove sia l'assassino
La pubblica accusa ha chiesto la conferma del verdetto di primo grado, mentre la famiglia Ciatti tramite il proprio legale e con il sostegno dell'ambasciata italiana, ha ribadito la propria posizione: venticinque anni, ovvero il massimo della pena prevista in casi del genere dalla legge spagnola. I familiari del giovane toscano ucciso brutalmente hanno poi preso atto loro malgrado della scarsa collaborazione fra Spagna e Italia: dopo il mancato accordo sulla giurisdizione, che ha dato vita al processo "gemello" davanti alla corte d’Assise di Roma, la giustizia iberica ha fatto sapere di non aver concesso il proprio benestare all’audizione in videoconferenza dei testi spagnoli inseriti nel processo italiano. Il giudizio definitivo sarà quindi quello che sarà pronunciato per primo e a questo punto tutto propende verso il "tribunal superior". Resta come detto una criticità: nessuno sa dove sia Bissoultanov.
Lo straniero era stato arrestato nell’immediatezza del pestaggio, avvenuto nella notte dell’11 agosto 2017 sulla pista del st. Trop di Lloret de Mar, in Spagna. Niccolò morì com'è noto poche ore dopo in ospedale a soli 22 anni, devastato dal calcio alla testa sferrato con tecnica "professionale" dall'esperto di lotta. Per mesi, la famiglia Ciatti ha temuto che, senza altre misure cautelari, l'omicida potesse far perdere le proprie tracce. E così, purtroppo è stato per quanto sul suo conto pendano adesso due mandati d'arresto europei. Non contento, l'extracomunitario aveva dato mandato al proprio avvocato di fare ricorso contro il provvedimento, pochi mesi fa. Da qui il paradosso: il ceceno dovrebbe già essere in carcere, eppure dal primo pronunciamento di Girona non ha trascorso nemmeno un giorno in cella.
"L’accusa ha chiesto la conferma della condanna a quindici anni - ha commentato il padre, Luigi Ciatti a La Nazione, non nascondendo il proprio disappunto - per noi è troppo poco".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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