I giudici del Tribunal superior de justicia de Cataluña di Barcellona hanno confermato la condanna a quindici anni di reclusione per il ceceno Raoul Bissoultanov, per omicidio volontario. La famiglia della vittima ha però annunciato ricorso, giudicando la pena eccessivamente mite. Senza dimenticare poi un particolare di primaria importanza: il condannato risulta ancora latitante, per quanto sulla sua testa pendano due mandati di cattura internazionale e un altro processo sia in corso a Roma. Questi gli ultimi sviluppi legati all'omicidio di Niccolò Ciatti, alla luce del pronunciamento dell'equivalente spagnolo del giudizio di secondo grado.
La dinamica dell'omicidio
Lo straniero era stato arrestato nell’immediatezza del pestaggio, avvenuto nella notte dell’11 agosto 2017 sulla pista del st. Trop di Lloret de Mar, in Spagna. Niccolò morì com'è noto poche ore dopo in ospedale a soli 22 anni, devastato dal calcio alla testa sferrato con tecnica "professionale" dall'esperto di lotta. Per mesi, la famiglia Ciatti ha temuto che, senza altre misure cautelari, l'omicida potesse far perdere le proprie tracce. E così è stato. Non contento, l'extracomunitario aveva dato mandato al proprio avvocato di fare ricorso contro il provvedimento, pochi mesi fa. Da qui il paradosso: il ceceno dovrebbe già essere in carcere, eppure dalla sentenza di primo grado del tribunale di Girona che la scorsa estate lo aveva condannato a quindici anni, non ha trascorso nemmeno un giorno in cella. E Luigi Ciatti, padre del giovane fiorentino, non ha nascosto la delusione per l'evolversi degli eventi. Senza risparmiare critiche nemmeno alle autorità iberiche, rivelatesi a suo avviso eccessivamente lassiste in alcuni frangenti della storia.
“Bissoultanov non si è presentato all’udienza che lo avrebbe messo in carcere. Come abbiamo sempre detto, avevamo il timore che scappasse ed è avvenuto. Il problema è che ha avuto tempo per fuggire e in questo momento resta ben difficile capire dove possa essere. Non so davvero cosa pensare. Evidentemente i controlli attuati nei suoi confronti sono stati superficiali - ha dichiarato al quotidiano La Nazione - un controllo più stringente della polizia spagnola ne avrebbe evitato la fuga. Il vero condannato, come ho sempre detto, è stato mio figlio.
Stava ballando, è stato colpito con la volontà di uccidere da parte di un assassino che la Spagna non è stata capace di controllare e di mettere in carcere. La sentenza poi ci lascia perplessi, probabilmente presenteremo ricorso perché insufficiente: la vita di Niccolò non può valere quindici anni di prigione".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.