I giudici della Corte d'Assise di Appello di Roma hanno pronunciato la sentenza relativa all'omicidio di Luca Sacchi, il personal trainer ucciso con un colpo di pistola alla testa nella notte tra il 23 il 24 ottobre del 2019.
Le condanne
Per Marcello De Propis e Paolo Pirino, ritenuti complici dell'assassino Valerio Del Grosso, è stata determinata una pena rispettivamente di 24 anni e 1 mese e di 25 anni, mentre per la fidanzata di Luca Anastasiya Kylemnyk è arrivata la conferma della pena di 3 anni per violazione della legge sugli stupefacenti.
La Corte di Cassazione aveva già stabilito nell'udienza dello scorso 16 maggio la condanna in via definitiva a 27 anni di reclusione per il killer, chiedendo nella sentenza di disporre un nuovo giudizio per incrementare la pena a Pirino, presente quella tragica notte sul luogo del delitto insieme a Del Grosso, e a De Propris, incriminato per aver fornito l'arma con cui è avvenuto l'omicidio del personal trainer. Durante il secondo grado di giudizio, infatti, le condanne erano state ridotte da 25 anni a 14 anni e 8 mesi. Ecco perché si è arrivati al processo di appello bis che si è celebrato nella giornata di oggi, martedì 10 dicembre.
Le responsabilità
I fatti si verificarono dinanzi a un pub nella zona dei Colli Albani: in quel momento Luca si trovava in compagnia di Anastasiya e di un gruppetto di amici. Stando alle ricostruzioni effettuate in aula, Valerio Del Grosso, con la complicità dell'amico Paolo Pirino, aveva intenzione di rapinare la fidanzata di Sacchi che secondo l'accusa aveva 70mila euro all'interno del suo zaino, pur non essendo mai stato ritrovato il denaro, da impiegare per acquistare 15 chili di marijuana. Il colpo di pistola fu esploso proprio durante il tentativo di appropriarsi di quei soldi.
"La vera causa di questo omicidio è la droga", ha affermato il procuratore generale Carlo Lasperanza durante la sua requisitoria in aula, "è il mercato delle sostanze stupefacenti che porta a queste tragedie". "In questo processo l'attività di spaccio è stata sottovalutata, ma c'era un'associazione, un 'gruppo' come lo chiama la Cassazione, in cui ognuno aveva il suo compito", ha aggiunto il pg. Per quanto concerne il ruolo ambiguo della fidanzata della vittima, invece, Lasperanza ha spiegato che"non ha mai collaborato alle indagini, questo la dice lunga sulla sua personalità, anche davanti alla morte del fidanzato ha cercato di proteggere se stessa, dicendo che i 70mila euro servivano per un 'impiccio con le moto'".
Il papà di Luca, Alfonso Sacchi, si è detto sollevato per l'esito del
processo: "Siamo soddisfatti della sentenza, giustizia è fatta, a noi interessava la conferma della pena", ha dichiarato dopo la sentenza l'uomo,"loro domani si ritroveranno con dei figli, noi no".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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